Notiziarioares lug ago2015

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AresInforma Sicurezza sul lavoro, ambiente, qualità, formazione 02/15 Sicurezza: nuove norme per gli incidenti rilevanti INAIL: pubblicato il nuovo modello per la riduzione della tariffa Speciale REACH e CLP e speciale giurisprudenza I nostri corsi in programmazione per il secondo semestre 2015

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Il numero di luglio-agosto della newsletter di Studio ARES

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AresInformaSicurezza sul lavoro, ambiente, qualità, formazione

02/15

Sicurezza: nuove norme per gli incidenti rilevantiINAIL: pubblicato il nuovo modello per la riduzione della tariffa

Speciale REACH e CLP e speciale giurisprudenza I nostri corsi in programmazione per il secondo semestre 2015

prima di tutto

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a cura di Vittorio CampionePresidente Studio Ares

Bentornati.Trascorse le meritate vacanze estive, tutti abbiamo ripreso il lavoro, pronti ad affrontare le nuove sfide.E noi di Studio ARES abbiamo confezionato un nuovo numero della nostra newsletter per aggiornarvi sulle novità legislative pubblicate in questi ultimi mesi. La nuova legge sugli eco-reati, per esempio, che inasprisce le pene per chi inquina e allarga la responsabilità delle aziende in materia ambientale, integrando anche la 231.

Poi le tante modifiche che arrivano dall’Unione Europea in materia di classificazione e .etichettatura delle sostanze pericolose, con le revisioni dei regolamenti REACH e CLP.

Completano questo numero alcune sentenze di giurisprudenza emesse negli ultimi mesi dalla Corte di Cassazione, in materia di sicurezza e salute dei lavoratori.

E’ una lettura impegnativa, molto tecnica, può sembrare riservata agli addetti ai lavori, ma ogni responsabile

della sicurezza sa che potrà trovarci spunti interessanti per la sua attività.A noi non resta che augurarvi buona lettura di questi approfondimenti e buon lavoro.

Ps - Non dimenticate l’appuntamento con i nostri seminari gratuiti:a settembre e ottobre approfondiamo l’argomento della diagnosi energetica, da obbligo di legge a opportunità per le imprese. Vi aspettiamo!

Abbiamo ripreso il lavoro, pronti ad affrontare

nuove sfide.

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Il D.Lgs. n. 105 del 26 giugno 2015, “Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose” è stato pubblicato in G.U. (Supplemento Ordinario n. 38 della G.U.R.I. n. 161 del 14 luglio 2015).

Oltre agli aggiornamenti tecnici necessari per l’adeguamento alla nuova classificazione delle sostanze chimiche, le principali novità introdotte dalla Direttiva 2012/18/UE (cd. “Seveso III”) intendono:

- migliorare e aggiornare la direttiva in base alle esperienze acquisite con la Seveso II, in particolare per quanto riguarda le misure di controllo degli stabilimenti interessati, semplificarne l’attuazione nonché ridurre gli oneri amministrativi;

- garantire ai cittadini coinvolti un migliore accesso all’informazione sui rischi dovuti alle attività dei vicini impianti industriali “Seveso”e su come comportarsi in caso di incidente;

- garantire la possibilità di partecipare alle decisioni relative agli insediamenti nelle aree a rischio di incidente rilevante e la possibilità di avviare azioni legali, per i cittadini ai quali non siano state fornite adeguate informazioni o possibilità di partecipazione, in applicazione della Convenzione di Aarhus del 1998.

Il D.Lgs. 105/15 è entrato in vigore il 29 luglio 2015.

Il provvedimento aggiorna la norma precedentemente vigente (D.lgs. n° 334/99, come modificato dal D.lgs. n° 238/2005), confermando sostanzialmente l’impianto e, per quanto riguarda l’assetto delle competenze, l’assegnazione al Ministero dell’interno delle funzioni istruttorie e di controllo sugli stabilimenti di soglia superiore (già definiti come “articolo 8” ai sensi del decreto legislativo n° 334/99) ed alle regioni delle funzioni di controllo sugli stabilimenti di soglia inferiore (già definiti come “articolo 6” ai sensi del medesimo decreto legislativo).

E’ aggiornato l’elenco delle sostanze pericolose e delle relative soglie di assoggettabilità, in conformità alla nuova direttiva. Con il D.lgs. n° 105/2015, al fine di garantire la piena operatività delle disposizioni previste, vengono inoltre aggiornate e completate tutte le norme di carattere tecnico necessarie per la sua applicazione (allegati da A ad M). Si tratta in particolare della consistente decretazione attuativa, già prevista dal D.lgs. n° 334/99, ma emanata solo parzialmente nel corso degli anni passati. La

completezza del provvedimento permette dunque ai gestori degli stabilimenti rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva Seveso III ed alle amministrazioni coinvolte di disporre di un vero e proprio “testo unico” in materia di controllo del pericolo di incidenti industriali rilevanti che definisce contestualmente ogni aspetto tecnico ed applicativo senza la necessità di riferimenti a successivi provvedimenti attuativi.

Fra le principali innovazioni introdotte, oltre a quanto sopra riportato, rispetto alle previsioni del decreto legislativo n° 334/99, il D.lgs. n° 105/2015 reca:

- il rafforzamento del ruolo di indirizzo e coordinamento espletato dal Ministero dell’ambiente. Si prevede, infatti, l’istituzione, presso il Ministero, di un coordinamento per l’uniforme applicazione nel territorio nazionale della normativa introdotta (articolo 11);

- l’introduzione di una modulistica unificata, a livello nazionale, utilizzabile in formato elettronico per la trasmissione della notifica e delle altre informazioni da parte del gestore (allegato 5);

- le procedure per l’attivazione del meccanismo della “deroga”, previsto dalla direttiva 2012/18/UE per le sostanze non in grado, in determinate condizioni chimico-fisiche, di generare incidenti rilevanti (articolo 4);

- il rafforzamento del sistema dei controlli, attraverso la pianificazione e la programmazione delle ispezioni negli stabilimenti (articolo 27);

- il rafforzamento delle misure necessarie a garantire maggiori informazioni al pubblico, nonché a permettere una più efficace partecipazione ai processi decisionali, in particolare nelle fasi di programmazione e realizzazione degli interventi nei siti in cui sono presenti stabilimenti a rischio di incidente rilevante (articoli 23-24);

- la definizione delle tariffe per le istruttorie e i controlli (articolo 30 e allegato I).

Sono state introdotte inoltre, ove possibile e senza pregiudicare i livelli di sicurezza assicurati con il D.lgs. n° 334/99, semplificazioni al sistema vigente, in particolare per quanto riguarda gli adempimenti a carico dei gestori. Si evidenziano, a tal fine, le procedure semplificate di prevenzione incendi per gli stabilimenti di soglia superiore introdotte dall’art. 31 e contenute nell’allegato L.

PUBBLICATA LA SEVESO III: NUOVE NORME PER GLI INCIDENTI RILEVANTI

sicurezza

NUOVA CLASSIfICAzIONE DELLE ATTREzzATURE A PRESSIONE

sicurezza

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Con la Circolare in data 15/05/2015, prot. n. 69094 il Ministero dello sviluppo economico fornisce in via interpretativa chiarimenti in merito all’entrata in vigore nell’ordinamento italiano dell’art. 13 della Direttiva 2014/68/UE (concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di attrezzature a pressione), relativo alle nuove modalità per la classificazione delle attrezzature a pressione e che sostituisce l’art. 9 della Direttiva 97/23/CE (recepita dal D. Leg.vo 93/2000).

Le disposizioni di recepimento dell’art. 13 in questione avrebbero dovuto essere adottate entro il 28/02/2015, e avrebbero dovuto trovare applicazione entro il 01/06/2015; tuttavia, poiché l’art. 13 deve considerarsi norma self-executing, la stessa può considerarsi in vigore dalla medesima data del 01/06/2015, e dunque il MiSE ha ritenuto di dover dettare in via amministrativa disposizioni interpretative per l’adeguamento delle procedure operative [1]. Considerando infatti anche la contestuale - sempre dal 01/06/2015 - entrata in vigore del Regolamento (UE) 1272/2008, come modificato dal Regolamento (UE) 487/2013, si potrà avere una diversa categorizzazione delle attrezzature a pressione con, in certi casi, la necessità di una procedura di valutazione della conformità del prodotto più severa in fase di immissione su mercato.

Dunque con la Circolare in argomento il Ministero dello sviluppo economico sottolinea che:

- per le attrezzature in questione da immettere sul mercato a partire dal 01/06/2015 devono essere attentamente verificate le procedure

di certificazione da adottare per quei prodotti che possano contenere fluidi descritti alla lettera a) dell’art. 13 della Direttiva 2014/68/UE;

- nel caso in cui dall’analisi del rischio dovesse presentarsi, per i prodotti presi in considerazione, un aumento del rischio stesso e quindi una diversa categorizzazione, occorre provvedere ad attivare una valutazione della conformità secondo tale nuova classificazione;

- resta peraltro fermo che, in tale fase provvisoria, la procedura di valutazione e la redazione della dichiarazione di conformità sono disciplinate per tutti gli altri aspetti da quanto riportato nella Direttiva 97/23/CE e nel menzionato D. Leg.vo 93/2000 di recepimento;

- non subiscono variazioni le procedure relative ai prodotti di cui alla lettera b) del paragrafo 1 del citato art. 13 della Direttiva, cioè le procedure per le attrezzature che contengono fluidi che restano classificati nel gruppo 2, nonché il criterio di classificazione di cui al paragrafo 2 del medesimo art. 13, secondo cui è classificato nella categoria più elevata attribuibile agli stessi (ovviamente, secondo la nuova classificazione) un recipiente a pressione costituito da vari scomparti riferibili a categorie diverse o in cui uno scomparto contenga più fluidi.

Tutte le altre nuove disposizioni e procedure recate dalla Direttiva 2014/68/UE saranno pienamente operative al termine del procedimento di entrata in vigore, che si concluderà il 18/07/2016, termine entro il quale dovranno essere vigenti gli atti di recepimento di tutta la Direttiva.

ATTIVITA’ LAVORATIVE IN PRESENzA DI TRAffICO VEICOLARE E

SEGNALETICA STRADALE: ChIARIMENTI

sicurezza

Sulla G.U. n. 67 del 20/03/2013 è stato pubblicato il D.M. 04/03/2013 recante «Criteri generali di sicurezza relativi alle procedure di revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale destinata alle attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare», in attuazione dell’art. 161, comma 2-bis, del D. Leg.vo 81/2008.

Le attività lavorative oggetto del decreto fanno riferimento alle situazioni esplicitate nei principi per il segnalamento temporaneo di cui all’art. 2 del disciplinare approvato con D.M. 10/07/2002, le cui previsioni sono fatte salve. L’applicazione dei criteri di cui al presente decreto non preclude l’utilizzo di altre metodologie di consolidata validità.

Procedure di apposizione della segnaletica

Nelle attività di apposizione della segnaletica per la delimitazione di cantieri stradali in presenza di traffico veicolare, i gestori delle infrastrutture e le imprese appaltatrici, esecutrici o affidatarie, sono tenuti ad applicare almeno i criteri minimi di sicurezza di cui all’Allegato I del decreto, dandone evidenza nei documenti della sicurezza di cui agli articoli 17, 26, 96 e 100 del D. Leg.vo 81/2008.

Informazione e formazione

I datori di lavoro del gestore delle infrastrutture e delle imprese esecutrici e affidatarie, ferme restando le previsioni del D. Leg.vo 81/2008, assicurano che ciascun lavoratore riceva una informazione, formazione e addestramento specifici relativamente alle procedure di apposizione della segnaletica. La durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione sono individuati nell’Allegato II.

Dispositivi di protezione individuale

I datori di lavoro mettono a disposizione dei lavoratori dispositivi di protezione individuale (DPI) conformi al Titolo III del D. Leg.vo 81/2008. Gli indumenti ad alta visibilità devono essere conformi al D. Leg.vo 04/12/1992 n. 475, al D.M. 09/06/1995, al D. Leg.vo 02/01/1997, n. 10, ed alla norma UNI EN 471, quindi devono essere di classe 3, o equivalente, per tutte le attività lavorative su strade di categoria A, B, C, e D, ed almeno di classe 2 per le strade E ed F urbane ed extraurbane, secondo la classificazione di cui all’art. 2, comma 3, del Codice della strada. Non sono più ammessi indumenti ad alta visibilità di classe 1.

Fermi restando gli obblighi già vigenti in applicazione delle corrispondenti previsioni di cui al D. Leg.vo 81/2008, entro e non oltre 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto in commento i datori di lavoro sono tenuti ad adeguarsi alle dette previsioni sui DPI.

Ambito di applicazione: destinatari degli obblighi anche i coordinatori per la sicurezza (interpello 1/2015)

La Commissione per gli interpelli del Ministero del lavoro e politiche sociali ha fornito, con l’Interpello n. 1 in data 23/06/2015, indicazioni circa la corretta applicazione del D.M. 04/03/2013 recante “Criteri generali di sicurezza relativi alle procedure di revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale destinata alle attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare”, chiarendo in particolare chi siano i soggetti destinatari degli obblighi introdotti dal decreto stesso.

Il menzionato decreto dispone all’art. 2 che i gestori delle infrastrutture applichino i criteri minimi di sicurezza di cui all’Allegato 1, ed inoltre che i medesimi gestori, nonché le imprese appaltatrici, esecutrici e affidatarie danno evidenza nei documenti della sicurezza di cui agli articoli 17, 26, 96 e 100 del Testo Unico della sicurezza di cui al D. Leg.vo 81/2008.

A tale proposito la Commissione per gli interpelli chiarisce come - pur non essendo tale circostanza esplicitamente menzionata - destinatari degli obblighi in questione sono anche i Coordinatori per la sicurezza. Ciò in considerazione del fatto che l’art. 100 del D. Leg.vo 81/2008 - citato dal D.M. 04/03/2013 - è relativo al Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC, la cui redazione è in capo al Coordinatore per la sicurezza), e che tra i contenuti minimi di quest’ultimo, indicati nell’Allegato XV al D. Leg.vo 81/2008, si fa riferimento “all’eventuale presenza di fattori esterni che comportano rischi per il cantiere, con particolare attenzione … a lavori stradali ed autostradali al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori impiegati nei confronti dei rischi derivanti dal traffico circostante”.

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NUOVI REATI AMBIENTALI NELLA 231

sicurezza

A fine maggio sono state apportate alcune significative modifiche al D.Lgs.231/01, che si arricchisce di nuovi reati per i quali dovranno rispondere le persone giuridiche nell’ambito della responsabilità amministrativa di impresa. Le aree interessate sono quelle relative ai reati ambientali e ai reati societari.

I soggetti interessati all’implementazione e all’aggiornamento del Modello Organizzativo 231 sono in primo luogo le aziende i cui processi possono essere considerati potenzialmente a rischio di reato tra quelli introdotti con le leggi 68 e 69, un Modello Organizzativo applicato ed efficace costituisce elemento esimente la responsabilità

amministrativa di impresa.

I nuovi reati ambientali sono stati introdotti a seguito delle modifiche apportate dalla legge 22/05/15 n. 68 entrata in vigore il 22 maggio 2015, che aggiorna l’art. 25-undecies del Decreto 231/01. La suddetta legge modifica il Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/2006) con particolare riferimento al Titolo VI-bis e alla disciplina sanzionatoria. Buona parte dei reati introdotti nel Testo Unico Ambientale è considerata anche reato oggetto di responsabilità amministrativa di impresa.

ORGANISMI PARITETICI:LA RISPOSTA DEL MINISTERO

Il Ministero del Lavoro risponde ad un quesito sugli Organismi Paritetici posto da una Direzione Territoriale e, con una nota dell’8 giugno 2015, specifica che il datore di lavoro deve verificare il possesso dei requisiti da parte dell’Organismo Paritetico a cui chiede collaborazione per l’organizzazione dell’attività di formazione in materia di sicurezza sul lavoro.

Nella nota si ricorda che l’Organismo Paritetico deve essere

costituito tra associazioni datoriali e sindacali dei lavoratori più rappresentative e firmatarie del CCNL applicato dall’azienda, deve essere presente nel settore e nel territorio dove opera l’azienda.

In conclusione la nota chiarisce che erogare una formazione senza la collaborazione dell’O.P. non è comportamento sanzionabile in quanto non è elemento sufficiente per contestare la inadeguatezza della formazione (comma 1 art. 37 D.Lgs 81/08).

INAIL: PUBBLICATO IL NUOVO MODELLO PER LA RIDUzIONE

DELLA TARIffA

sicurezza

Disponibile sul sito INAIL la modulistica (modello OT24) per la compilazione della domanda per la riduzione del tasso medio di tariffa ai sensi dell’art. 24 delle Modalità di applicazione delle Tariffe dei premi (d.m. 12/12/2000 e s.m.i.).

Hanno diritto alla riduzione del tasso medio di tariffa tutte le aziende, in possesso dei requisiti per il rilascio della regolarità contributiva ed assicurativa ed in regola con le disposizioni obbligatorie in materia di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro, che abbiano effettuato, nell’anno precedente a quello di presentazione della domanda, interventi di miglioramento nel campo della prevenzione degli infortuni e igiene del lavoro tali che la somma dei loro punteggi sia pari almeno a 100.

In base al decreto ministeriale 3 marzo 2015, la riduzione di tasso è

riconosciuta in misura fissa, in relazione al numero dei lavoratori-anno del periodo:

Fino a 10 lavoratori-anno -> riduzione del 28%

Da 11 a 50 lavoratori-anno -> riduzione è del 18%

Da 51 a 200 lavoratori-anno -> riduzione è del 10%

Oltre i 200 lavoratori-anno-> la riduzione è del 5%

Ancora in fase di redazione la guida alla compilazione.

Inoltre, l’INAIL ha determinato di stabilire la riduzione spettante alle imprese artigiane che non hanno avuto infortuni nel biennio 2013/2014, in misura pari al 8,16% dell’importo del premio dovuto per il 2015.

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fISSATA AL 31 MAGGIO 2018 LA SCADENzA PER LA REGISTRAzIONE

REACh

speciale reach e clp

Il 31 maggio 2018 scade il termine previsto per la registrazione, ai sensi del REACH, delle sostanze chimiche o le importate da paesi non appartenenti all’UE in quantitativi superiori a 1 tonnellata all’anno.

Entro quella data dovranno quindi essere registrate tutte le sostanze chimiche prodotte o importate nello Spazio economico europeo, in una fascia compresa tra 1 e 100 tonnellate

Spiega l’ECHA che:

- se fabbricate sostanze chimiche o le importate da paesi non appartenenti all’UE in quantitativi superiori a 1 tonnellata all’anno, si può essere soggetti ad obblighi di registrazione ai sensi di REACH

- se fabbricate o importate un prodotto (miscela, articolo), è possibile che questo contenga sostanze che devono essere registrate singolarmente.

- se avete preregistrato delle sostanze che fabbricate o importate da paesi extra UE in quantitativi superiori a una tonnellata e inferiori a 100 tonnellate l’anno, e se tali sostanze non sono ancora state registrate, il termine di registrazione REACH del 31 maggio 2018 è applicabile.

- se non avete ancora preregistrato la vostra sostanza, è possibile una preregistrazione tardiva entro il 31 maggio 2017. Se non avete ancora preregistrato la vostra sostanza, è possibile una preregistrazione tardiva entro il 31 maggio 2017.

Ricorda al riguardo una comunicazione del MISE che la registrazione è un processo che può richiedere cospicue risorse in termini di tempo, costi e competenze. A tal fine, è importante che sin d’ora le imprese comincino a verificare l’esistenza di obblighi ai sensi del REACH e, nel caso, pianificare la gestione delle proprie registrazioni per l’ultimo termine fissato.

Per aiutare le imprese in tali adempimenti, il MISE ha istituito, ormai da anni, uno sportello informativo dedicato, l’helpdesk REACH, che dal 2007 ha risposto a più di 3 mila quesiti, organizzato iniziative di approfondimento con le imprese, rappresentato le loro istanze in sede nazionale ed europea.

Inoltre, le imprese possono registrarsi gratuitamente sul sito dell’ECHA la quale coordina la raccolta dei dati a livello europeo in stretto raccordo con la Commissione Europea, e può fornire assistenza: si veda il prospetto informativo di REACH 2018.

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UE: MODIfICATO L’ELENCO DELLE SOSTANzE PERICOLOSE DAL 2017

A seguito di alcune proposte di classificazione ed etichettatura pervenute alla Agenzia Europea delle sostanze chimiche (ECHA), è stato modificato l’allegato VI del regolamento CE n.1272/2008, che contiene due elenchi di sostanze pericolose che sono oggetto di classificazione e etichettatura armonizzate.

Per consentire ai fornitori di adeguare l’etichettatura e l’imballaggio delle sostanze e delle miscele alle nuove classificazioni e di vendere le scorte esistenti, le novità introdotte si applicano, alle sostanze e alle miscele, a decorrere dal 1° gennaio 2017.

speciale reach e clp

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REACh, LA UE AGGIORNA LE ISTRUzIONI PER LE SChEDE

DI SICUREzzASono entrate in vigore il 1° giugno 2015 le nuove prescrizioni stabilite dal regolamento 2015/830/Ue per la compilazione delle schede di dati di sicurezza delle sostanze chimiche.

Il provvedimento sostituisce l’allegato II del regolamento “Reach” al fine di adeguare le prescrizioni alla quinta revisione delle norme GHS (sistema mondiale armonizzato di classificazione ed etichettatura delle sostanze chimiche).

L’allegato in questione definisce le prescrizioni che il fornitore delle

sostanze o dei preparati deve rispettare per compilare le schede che vanno trasmesse, nei casi previsti dall’art.31 del regolamento “Reach”, al destinatario delle stesse.

Al fine di evitare oneri sproporzionati agli operatori che già si sono attivati, il regolamento stabilisce che le schede fornite ai destinatari prima del 1° giugno 2015 potranno comunque continuare ad essere utilizzate, in via transitoria, fino al 31 maggio 2017

REGOLAMENTO CLP: ChIARIMENTI SULLA DEROGA PER LE ETIChETTE

DI MISCELEIl Ministero della Salute, con la Circolare n. 18101 del 26 maggio 2015 chiarisce sull’applicazione della deroga di due anni per l’adozione della etichetta CLP per le miscele fabbricate e immesse in commercio prima del 1° giugno.

Il ministero come In deroga al secondo comma dell’articolo 62 del regolamento, per le miscele classificate, etichettate e imballate in conformità della direttiva 1999/45/CEE e già immesse sul mercato prima del 1° giugno 2015 non vale l’obbligo di essere rietichettate e reimballate in conformità del regolamento CLP fino al 1° giugno 2017. L’immissione sul mercato di una miscela avviene all’atto dell’offerta o messa a disposizione tra due diverse entità legali a titolo oneroso o gratuito. La miscela deve essere ovviamente etichettata e approvata per la vendita e quindi essere messa a disposizione di terzi.

L’immissione sul mercato avviene all’atto dell’offerta o messa a disposizione, a titolo oneroso o gratuito anche tra: - società che fanno parte dello stesso Gruppo industriale ma aventi differenti entità legali - il fabbricante conto terzi e il proprio cliente

L’immissione sul mercato può avvenire anche senza il trasferimento fisico della miscela purché si attesti l’avvenuta offerta. Il solo trasferimento fisico della miscela tra due magazzini della medesima società, non è inteso come immissione sul mercato a meno che, non sia già stato immesso sul mercato. Spiega poi il Ministero che si attesta l’avvenuta offerta della miscela, e quindi la possibilità di usufruire della deroga di due anni, esibendo almeno uno dei seguenti documenti:

- L’ordine di acquisto

- Il contratto di fornitura/acquisto

- La fattura di vendita della miscela

In linea di principio deve essere sempre esibita la documentazione che attesti l’avvenuta offerta per ottenere la deroga. Nella circolare si fa poi riferimento all’eventualità che la miscela sia nel magazzino del fabbricante/formulatore dopo il 1° giugno 2015 ma prima del 1° giugno 2017. In questo caso, se la miscela non è etichettata e approvata per la vendita, la deroga non risulta applicabile. Se fosse etichettata e approvata, occorre chiedersi se è stata fabbricata prima del 1° giugno 2015: se la risposta è negativa, la deroga non è applicabile. Se invece fosse fabbricata prima del 1 giugno bisogna chiedersi se esiste un documento (intenzione di acquisto, contratto, fattura) che attesti che la miscela è stata fornita prima del 1° giugno 2015. In caso positivo, la miscela potrà godere della deroga Il ministero pone anche il caso che la miscela sia a scaffale (inteso come qualsiasi punto della catena di distribuzione, che non sia il magazzino del fabbricante/formulatore dopo il 1° giugno 2015 ma prima del 1° giugno 2017). Ci si deve dunque chiedere se la miscela è stata fabbricata prima del 1° giugno 2015. In caso negativo la deroga non è applicabile. In caso positivo occorre chiedersi: esiste un documento (ordine di acquisto, contratto, fattura) che attesti che la miscela è stata fornita per la prima volta prima del 1° giugno 2015? In caso negativo la deroga non è applicabile. In caso positivo la miscela è conforme e può usufruire della deroga.

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PUBBLICATO IL NUOVO CODICEDI PREVENzIONE INCENDI

prevenzione incendi

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.192 del 20/08/2015 il Decreto del Ministero dell’Interno 03 Agosto 2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139”. Per le attività menzionate all’art.2 “Campo di Applicazione” le norme tecniche approvate con il decreto in questione possono essere applicate in alternativa alle disposizioni di cui ai Decreti del Ministero dell’Interno elencati nell’art.1 “Approvazione e modalità applicative delle norme

tecniche di prevenzione incendi”. Gli articoli 3 e 4 si soffermano, rispettivamente, sull’impiego di prodotti per uso antincendio e su aspetti riguardanti il monitoraggio. Si rimanda, invece, all’allegato I per quanto riguarda la struttura definitiva delle norme tecniche.

Il Decreto entra in vigore il 18 Novembre 2015 e presenta carattere di Testo Unico in materia di Prevenzione Incendi.

PUBBLICATA LA REGOLA TECNICA DI PREVENzIONE INCENDI PER LE

ATTIVITA' ricettive”

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.170 del 24/07/2015 il Decreto del Ministero dell’Interno 14 Luglio 2015 “Disposizioni di prevenzione incendi per le attività ricettive turistico - alberghiere con numero di posti letto superiore a 25 e fino a 50”. In allegato al Decreto, la Regola Tecnica recante indicazioni tecniche per la progettazione, realizzazione e conduzione di strutture turistico-ricettive, in un’ottica di prevenzione incendi. La regola tecnica si applica alle strutture turistico-alberghiere con numero di posti letto tra 25 e 50, esistenti alla data di entrata in vigore del Decreto (24/08/2015).

Le disposizioni si applicano anche nel caso di interventi di ristrutturazione o di ampliamento, limitatamente alle parti interessate all’intervento e comportanti l’eventuale rifacimento dei solai in misura non superiore al 50%. E’ fatta salva la facoltà, per il responsabile delle Attività di optare per l’applicazione delle pertinenti disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’interno 9 aprile 1994 e successive modificazioni.

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ASSENzA DI CARTELLONISTICA: RESPONSABILITA'ANChE

NEI CONfRONTI DEI TERzI

giurisprudenza

Con la sentenza nr. 31230 del 17 Luglio 2015, la Corte di Cassazione Penale, Sezione. 4, ha sottolineato che le norme antinfortunistiche debbano essere applicate a tutela, non soltanto dei Lavoratori che esercitano normalmente la propria attività entro uno specifico luogo di lavoro, ma anche dei soggetti terzi che si trovino al suo interno, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di lavoro o altra relazione di dipendenza con il Datore di Lavoro dell’Impresa.

La Suprema Corte, inoltre, ha chiarito che, per la corretta applicazione dell’art. 163 comma 3 del D.Lgs 81/2008 (il quale prevede che per regolare il traffico all’interno dell’impresa o dell’unità produttiva, si faccia ricorso se del caso, alla segnaletica prevista dalla legislazione vigente relativa al traffico stradale), il Datore di Lavoro non debba limitarsi alle sole prescrizioni dettate dal Codice della Strada ma prevedere, se necessario, criteri d’applicazione più stringenti. Questo alla luce del fatto che il suddetto Art. 163 rientri in un’ottica di più ampia valutazione e copertura di tutte le possibili situazioni di rischio rispetto al sopra citato Codice.

Nel caso specifico, un trasportatore esterno, nel transitare al di sotto di una pensilina in cemento armato ubicata all’ingresso del piazzale di una azienda ove si accingeva ad effettuare operazioni di carico merce, aveva urtato, con l’angolo superiore destro del container posizionato sul semirimorchio, contro una pensilina in cemento armato. Ne era conseguita la caduta della pensilina sulla cabina di guida, che aveva provocato lesioni gravissime a danno del trasportatore. Le indagini effettuate avevano portato a sottolineare l’assenza della segnaletica prevista per l’indicazione delle altezze massime ammesse per i veicoli in transito.

Il Legale Rappresentante dell’azienda ove si sono svolti i fatti era stato condannato in primo grado alla pena di nove mesi di reclusione in relazione al reato di lesioni personali colpose, commesso in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Contro tale sentenza, l’imputato aveva fatto ricorso prima in Appello (ottenendo unicamente uno sconto di pena) e, quindi, in Corte di Cassazione.

Tra le motivazioni presentate dall’imputato per l’impugnazione della sentenza:

l’assenza di un rapporto di lavoro tra egli stesso e la persona lesa e, pertanto, l’assenza della posizione di garanzia del primo nei confronti del secondo.

Il fatto che la Legge imponga l’apposizione del segnale di transito vietato ai veicoli aventi altezza complessiva superiore a una certa misura, nei soli casi in cui l’altezza ammissibile sulla strada sia inferiore all’altezza dei veicoli definita dall’art. 61 Codice della Strada. Poiché la luce del portale di ingresso nel piazzale aziendale non era inferiore all’altezza del veicolo condotto dalla persona offesa, l’imputato aveva ritenuto non necessaria l’affissione della segnaletica oggetto del contendere.

Il ricorso è stato rigettato dalla Corte di Cassazione in quanto, tra le altre motivazioni:

“in tema di prevenzione nei luoghi di lavoro, le norme antinfortunistiche sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell’esercizio della loro attività, ma anche dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell’impresa, di talché ove in tali luoghi si verifichino eventuali fatti lesivi a danno del terzo, è configurabile l’ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, di cui agli artt. 589, comma secondo, e 590, comma terzo, cod. pen., sempre che sussista tra siffatta violazione e l’evento dannoso un legame causale e la norma violata miri a prevenire l’incidente verificatosi (cfr., ex plurimis, Sez. 4, Sentenza n. 2343 del 27/11/2013, Rv. 258436).”

L’imputato si era “colpevolmente sottratto al rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 163 del d.lgs. n. 81/2008 , là dove impone al Datore di Lavoro, al fine di regolare il traffico all’interno dell’impresa o dell’unità produttiva, il ricorso, se del caso, alla segnaletica prevista dalla legislazione vigente in relazione al traffico stradale […] a nulla rilevando il richiamo dell’imputato alla sola specifica situazione richiamata in seno al testo dell’art. 118 reg. c.d.s., attesa l’ampiezza della formulazione della norma cautelare, funzionale alla copertura di tutte le possibili situazioni di rischio…”

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RESPONSABILITA' DEL DIRIGENTEE DEL PREPOSTO

giurisprudenza

Con la sentenza nr. 31245 del 17 Luglio 2015, la Corte di Cassazione Penale, Sezione. 4, ha ancora una volta sottolineato che, in presenza di più titolari delle posizioni di garanzia individuate dal D.Lgs 81/2008, ciascuno di essi è, per intero, destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla Legge, fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia. Per cui, l’eventuale omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione.

La Suprema Corte, inoltre, ha ribadito che il personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa o per la trasmissione di conoscenze che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, non si identificano, e tanto meno valgono a sostituirsi alle attività di informazione e di formazione imposte dalla Legge a carico del Datore di Lavoro (e suoi delegati).

Nel caso specifico, un lavoratore, nell’atto di realizzare con una sega circolare dei cunei in legno (necessari per l’adempimento dei compiti commissionatigli) entrava in contatto con la stessa, con le proprie mani, procurandosi lesioni personali gravi. Per tali lesioni, erano stati condannati in primo grado sia il direttore di cantiere (e dunque ‘dirigente’) che il capo cantiere (e quindi ‘preposto’) ai quali era stata contestata la violazione dei doveri concernenti la fornitura della strumentazione necessaria e adeguata per l’esecuzione delle lavorazioni (i cunei di legno) nonché la formazione e l’informazione sui rischi inerenti lo svolgimento di dette lavorazioni.

Contro tale sentenza, entrambi gli imputati avevano fatto ricorso prima in Appello (ottenendo unicamente la conversione della pena detentiva in pena pecuniaria) e, quindi, in Corte di Cassazione.

Tra le motivazioni presentate dal Dirigente per l’impugnazione della sentenza:

L’avvenuta delega ai preposti delle funzioni di controllo del lavoratore infortunato e di apprestamento, nei relativi confronti, della strumentazione necessaria per l’esecuzione della propria attività lavorativa

L’insussistenza di alcun obbligo concernente la fornitura, al lavoratore infortunato, dei cunei di legno preformati, con la conseguente piena legittimità dell’attività di realizzazione di tali cunei all’interno del cantiere, nel corso dei lavori

La differente posizione di garanzia del dirigente, rispetto al preposto, secondo la quale spettano al primo unicamente la predisposizione generale delle misure di sicurezza da adottarsi, oltre ai compiti di alta vigilanza sul relativo rispetto, specie se in presenza di numerosi preposti specificamente individuati

Tra le motivazioni presentate dal Preposto per l’impugnazione della sentenza:

La presenza di altri soggetti presenti in cantiere (preposti sottordinati), titolari di posizione di garanzia ed, in particolare, la presenza di delega di funzioni ai due assistenti di cantiere, specificamente destinati al controllo sulle opere esterne del Lotto ove operava l’infortunato, nonché al caposquadra del medesimo, al quale era stato trasmesso il Piano Operativo di Sicurezza

L’insussistenza di alcun obbligo concernente la fornitura, al lavoratore infortunato, dei cunei di legno preformati, con la conseguente piena legittimità dell’attività di realizzazione di tali cunei all’interno del cantiere nel corso dei lavori; operazione di normale amministrazione, del tutto coerente con il bagaglio di conoscenze tecniche e con la specifica formazione professionale di carpentiere dell’infortunato

Entrambi i ricorsi sono stati rigettato dalla Corte di Cassazione in quanto, tra le altre motivazioni:

“la strumentazione posta a disposizione del lavoratore infortunato, per la realizzazione dei cunei di legno indispensabili ai fini dell’esecuzione della relativa prestazione lavorativa, non fosse del tutto idonea a garantire la sicurezza e l’incolumità del lavoratore, non essendo stata posta, a disposizione dello stesso, la bacchetta spingipezzo”

“la corte territoriale ha adeguatamente evidenziato come nessuna formazione e informazione del lavoratore infortunato, circa i rischi connessi all’attività allo stesso affidata, risultasse essere stata eseguita, non potendo ritenersi ammissibile il richiamo, ad opera dei ricorrenti, alla professionalità o all’eventuale esperienza maturata o concretamente acquisita dal lavoratore”

Le carenze riscontrate (il mancato apprestamento della strumentazione necessaria e la mancata formazione ed informazione del lavoratore riguardo i rischi connessi all’esecuzione della sua prestazione) sono la manifestazione concreta di un’insufficiente e, in ogni caso, inadeguata gestione, da parte di entrambi gli imputati (ciascuno in relazione alla propria specifica posizione di garanzia), dei rischi infortunistici definiti dalla prestazione in esame.

La Suprema Corte ha, inoltre, ribadito il concetto che l’errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti dei lavoratori non è invocabile da parte del titolare della posizione di garanzia, il quale risponde dell’infortunio, sia a titolo di colpa diretta (per non aver negligentemente impedito l’evento lesivo ed eliminato le condizioni di rischio), che a titolo di colpa indiretta, per aver erroneamente invocato a sua discriminante la responsabilità altrui, qualora le misure di prevenzione siano state inadeguate.

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CULPA IN ELIGENDO E IN VIGILANDO PER LA VALUTAzIONE DEI RISChI

giurisprudenza

Una sentenza quella che si commenta nella quale viene messa in evidenza dalla Corte di Cassazione penale la necessità da parte del datore di lavoro di scegliere oculatamente il soggetto al quale affidare la valutazione dei rischi esistenti nella propria azienda nonché di vigilare sul suo operato e sui tempi di esecuzione di tale importante adempimento, necessità tanto più avvertita nel caso in cui il datore di lavoro, che è titolare indelegabile dell’obbligo di valutare i rischi e di elaborare il relativo DVR, si affidi a soggetti o società esterne. Individuata nel caso in esame dapprima dal Tribunale e ribadita quindi dalla suprema Corte una “ culpa in eligendo” a carico del datore di lavoro, addebitata al momento della scelta del soggetto al quale ha affidata la valutazione dei rischi ed una “culpa in vigilando” a carico dello stesso nel momento in cui non ha provveduto a controllare il suo operato.

Il caso e il ricorso in Cassazione

Il Tribunale ha condannato il legale rappresentante di una cooperativa alla pena dell’ammenda per la contravvenzione prevista dall’articolo 29 comma 1 e punita dall’articolo 55 comma 1 del D. Lgs. n. 81/2008 perché, in qualità di datore di lavoro, non aveva effettuata la valutazione dei rischi e non aveva elaborato il documento di cui all’articolo 17 comma 1 lettera a) dello stesso D. Lgs. in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente, nei casi previsti dall’articolo 41.

Avverso la sentenza l’imputato, tramite il proprio difensore, ha proposto impugnazione qualificata come appello, nella quale ha sostenuto che aveva commissionato ad una società esterna la redazione del documento di valutazione dei rischi, documento che era stato redatto in ritardo per cause imputabili alla società stessa ed era stato presentato alla Asl 48 ore dopo il sopralluogo nel quale era stato accertato il reato. Il Tribunale aveva comunque ritenuto sussistente una “culpa in eligendo” e una “culpa in vigilando” in capo all’imputato, il quale si era affidato ad una impresa inadeguata e non aveva sorvegliato sui tempi di effettiva redazione del documento. In merito la difesa del datore di lavoro ha messo in evidenza che, ammesso pure che il documento presentato avesse alcune lacune, la versione definitiva dello stesso era stata comunque depositata nel successivo mese di agosto.

Le decisioni della suprema Corte

L’impugnazione, qualificata come ricorso per cassazione, essendo stata proposta avverso una sentenza di condanna alla sola ammenda inappellabile ai sensi dell’articolo 593 c.p.p., comma 3, è stata ritenuta inammissibile da parte della Corte di Cassazione perché basata su motivi non sufficientemente specifici. Secondo la stessa Corte, infatti, la difesa si era limitata a mere indimostrate asserzioni in relazione alla circostanza che il ritardo nella redazione del documento di valutazione dei rischi sarebbe stato imputabile esclusivamente all’inerzia della società che era stata incaricata a tale scopo per cui i rilievi presentati non sono stati ritenuti idonei a scardinare l’impianto logico-argomentativo della sentenza impugnata. Il ricorrente ha trascurato infatti, secondo la suprema Corte, “di contestare le affermazioni contenute nella stessa sentenza, secondo cui vi sarebbero, nel caso di specie, sia una culpa in eligendo, per l’affidamento dell’incarico di redazione del

documento ad una società dotata di un’organizzazione inadeguata, sia una culpa in vigilando, per il mancato controllo dell’imputato sui tempi di esecuzione di tale importante e indifferibile adempimento”. “Né la difesa ha spiegato”, ha così concluso la Sez. III, “perché l’imputato, pur consapevole della mancanza del documento, abbia comunque continuato lo svolgimento dell’attività aziendale, rispetto alla quale tale documento che deve avere data certa ed essere custodito presso l’unità produttiva a cui si riferisce la valutazione dei rischi, costituisce un presupposto indefettibile (ai sensi del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 38, comma 2 e articolo 29, comma 4)”.

Tenuto conto, altresì, della sentenza 13/6/2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistevano elementi per ritenere che la parte avesse proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la Corte di Cassazione ha condannato il ricorrente, a norma dell’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento nonché della somma di 1.000,00 euro in favore della cassa delle ammende.

Mancata redazione DVR: è responsabile il Sindaco per l’infortunio del lavoratore

La Cassazione Penale, sez. IV, con sentenza n. 22415 del 27 maggio 2015, ha ritenuto il Sindaco di un Comune il responsabile dell’infortunio occorso al messo comunale caduto da una scala mentre svolgeva la sua attività, sul presupposto che, rivestendo la qualità di organo di vertice dell’Ente, non potesse delegare la sua posizione di garanzia per l’elaborazione del documento di valutazione dei rischi, ai sensi dell’art. 17 d.lgs. n.81/2008.

Il fatto

Un messo comunale, addetto all’Ufficio Messi e Comunicazioni, era incorso in infortunio mentre era intento ad archiviare alcuni documenti su degli armadi ormai incapienti del suo ufficio, all’altezza di due metri da terra; per questo motivo, aveva deciso di utilizzare una scala portatile in alluminio, appoggiandola all’armadio e tenendola chiusa per la mancanza di spazio per l’apertura della stessa.

Una volta salito, il lavoratore cadeva di schiena perché la scala era scivolata lateralmente.

In primo grado, il giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Busto Arsizio, dichiarava il Sindaco del Comune responsabile del delitto di lesioni personali gravi ai danni del messo.

Il Sindaco, decideva di proporre ricorso in appello e la Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza assunta in primo grado; pertanto, procedeva con il ricorso in Cassazione in cui lamentava l’errata interpretazione e applicazione nonché l’inosservanza o l’erronea applicazione dell’art.2 lett. b) d.lgs. n.81/2008.

Nello specifico, nel ricorso per Cassazione, il Sindaco sollevava la questione sulla qualifica di datore di lavoro, affermando che una delibera dell’Organo Collegiale dei Datori di Lavoro, doveva esonerarlo dalla responsabilità penale in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, per il fatto che andava riconosciuto a tale Organo Collegiale tale qualifica nell’ambito dell’Amministrazione Comunale

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giurisprudenzaIl Sindaco, sosteneva che questo motivo non fosse stato preso in considerazione dalla Corte d’Appello, la quale aveva semplicemente richiamato la sentenza di primo grado; ed invece, secondo il ricorrente, ai sensi l’art. 2 lett. b) del d.lgs. n.81/2008, una volta individuato il soggetto qualificabile come datore di lavoro nell’Organo Collegiale dei Datori di Lavoro, egli non doveva essere considerato il responsabile in materia antinfortunistica, oltre al fatto che l’organo collegiale aveva incaricato una società di consulenza per la redazione del documento di valutazione dei rischi.

Il sindaco pertanto sosteneva che la Corte avesse errato nell’individuare il soggetto responsabile.

La decisione della Cassazione Penale

La Corte di Cassazione, sez. Penale, ha ritenuto infondato il ricorso del Sindaco.

L’esame del caso è iniziato dall’analisi della figura di datore di lavoro, art. 2 lett. b) d.lgs. n.81/2008, che è il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore, oppure è colui che ha la responsabilità dell’organizzazione per il suo potere decisionale e di spesa.

Per le pubbliche amministrazioni individuate dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001, il datore di lavoro è il dirigente a cui spettano i poteri di gestione, o il funzionario senza qualifica dirigenziale, nei casi in cui questi abbia autonomia gestionale, potere decisionale e di spesa e che viene individuato dall’organo di vertice.

In caso di omessa o non conforme individuazione della figura di datore di lavoro, questa coincide con l’organo di vertice.

La giurisprudenza, in riferimento alla normativa all’epoca vigente, aveva ritenuto necessaria la presenza di un atto espresso per l’individuazione della figura di datore del lavoro nel dirigente o nel funzionario; diversamente il datore di lavoro andava individuato nel capo del vertice politico dell’ente.

La pubblica amministrazione deve individuare il dirigente o il funzionario a cui attribuire sia la qualifica di datore di lavoro, sia il conferimento dei relativi poteri di autonomia gestionale. Si tratta, pertanto, di un’attribuzione espressa che come tale comporta dei poteri in materia di sicurezza.

In mancanza dell’indicazione, il datore di lavoro corrisponde all’organo di direzione politica e per il caso dei Comuni, questi hanno il potere di sovrintendere alle scelte di gestione e direzione amministrativa.

Per quanto riguarda la riconducibilità dell’evento alla non adeguata elaborazione del D.V.R., gli ermellini hanno sottolineato, nonostante non fosse un motivo di ricorso, che la disciplina citata vada coordinata con le regole sui compiti datoriali non delegabili, previste dall’ art. 17 d.lgs. n.81/2008 che impone l’obbligo di stilare il documento di valutazione dei rischi, il quale, se non adeguatamente elaborato, comporta la responsabilità del datore di lavoro.

Va notato che l’atto di individuazione del dirigente pubblico è collegato alla disciplina per le pubbliche amministrazioni, a cui non si applicano i criteri di imputazione della responsabilità per colpa di organizzazione previste dal d.lgs. 231/2001 e dall’art. 30 d.lgs. n.81/2008; infatti, a tale soggetto competono tutte le funzioni datoriali, senza distinzione tra funzioni delegabili e non delegabili.

La normativa in materia di prevenzione esclude l’imputabilità della violazione al Sindaco quando è stato individuato il dirigente per la qualifica di datore di lavoro.

Il Sindaco sarà individuato come il responsabile, solo se era a conoscenza della mancanza di sicurezza nell’ente e non vi ha posto rimedio, in base all’art. 18, comma 3, d.lgs. n.81/2008, che prevede che gli obblighi concernenti gli interventi strutturali

e di manutenzione per la sicurezza dei locali della pubblica amministrazione, restano a carico dell’amministrazione. Sarà assolto solo se ha fatto richiesta di adempimento all’amministrazione.

In definitiva, secondo la normativa sulla sicurezza e sulla salute nei luoghi di lavoro, la qualifica di datore di lavoro nelle pubbliche amministrazioni è del dirigente, il quale è dotato di poteri di gestione ed è titolare di autonomi poteri decisionali anche in materia di spesa.

Nel caso in esame, in primo grado era stato accertato che il Sindaco, nel 2006, aveva nominato con decreto un Direttore Generale per la direzione ed il coordinamento dell’organo dei Datori di Lavoro e per presiedere le riunioni dei datori di lavoro comunali e di formulazione della proposta per il Piano Esecutivo di Gestione (PEG); e che aveva nominato un Responsabile del settore amministrativo con funzioni proprie del datore di lavoro ( D.L. n. 626 del 1994).

La responsabilità del Sindaco, tuttavia si era configurata per l’omessa redazione di un adeguato documento di valutazione dei rischi, e sul presupposto che l’attività prevista dall’art. 17 d.lgs. n.81/2008 non fosse delegabile e che pertanto, dovesse rispondere l’organo di vertice dell’Ente per l’incompleta redazione.

A questa conclusione è giunta la Corte d’Appello, affermando che l’attività di redazione del documento di valutazione dei rischi fosse compito non delegabile e quindi la posizione di garanzia fosse dell’organo di direzione politica.

Secondo gli ermellini, la corte territoriale ha correttamente deciso in merito alla questione e ha sottolineato che il Sindaco, nel provvedere alla redazione del DVR non ha conferito ad altri la posizione di garanzia facendola propria.

Per queste ragioni, la Cassazione ha rigettato il ricorso del Sindaco, ritenendolo il responsabile dell’infortunio.

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DISPOSITIVI DI PROTEzIONE DISATTIVATI, LAVORATORE E PARTE

DATORIALE CORRESPONSABILI

giurisprudenza

La Suprema Corte nella Sentenza n. 10465/15 del 21 maggio 2015 si è espressa sulle responsabilità in caso di dispositivi di protezione disattivati per prassi dai lavoratori e mancata vigilanza del datore di lavoro.

La Corte Suprema di Cassazione nella Sentenza n. 10465/15 del 21 maggio 2015 ha affermato che “compete al lavoratore l’allegazione dell’omissione commessa dal datore di lavoro nel predisporre le misure di sicurezza (suggerite dalla particolarità del lavoro, dall’esperienza e dalla tecnica) necessarie ad evitare il danno, non essendo sufficiente la generica deduzione della violazione di ogni ipotetica misura di prevenzione, a pena di fare scadere una responsabilità per colpa in una responsabilità oggettiva. Ciò in quanto l’art.2087 cc, non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, atteso che la responsabilità del datore di lavoro va

collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento (v. ex plurimis,Cass. 29 gennaio 2013 n. 2038).”

La Suprema Corte ha precisato inoltre che “con apprezzamento del tutto congruo e coerente con i principi affermati da questa Corte, i giudici del gravame sono pervenuti alla configurazione di una quota di responsabilità a carico della parte datoriale nella misura del 40%, sul duplice rilievo: a) dell’omissione di controllo da parte della società, mediante personale addetto alla vigilanza (peraltro presente al momento del verificarsi dell’evento infortunistico), in ordine al funzionamento del meccanismo di blocco delle grate, che per prassi, veniva disattivato dai lavoratori; b) della mancata predisposizione di dispositivi di spegnimento della macchina ad ogni movimento della grata.”

MACChINARI NON SICURI E INfORTUNIO: LE RESPONSABILITA'PER INOSSERVANzA DELLE MISURE

DI SICUREzzA

Con sentenza n. 9159 del 02 marzo 2015 la Cassazione conferma che sul datore di lavoro incombe l’onere dell’attuazione e dell’accertamento dell’osservanza delle misure di sicurezza

La Corte di Cassazione Penale, Sez. IV, con la sentenza n. 9159 del 02 marzo 2015, ha rigettato il ricorso del direttore tecnico di un’azienda, per un infortunio occorso ad un lavoratore, perché sul datore di lavoro incombe l’onere di garanzia per legge e quindi non deve solo approntare i mezzi occorrenti all’attuazione delle misure di sicurezza e disporre che vengano usati, ma deve accertarsi che quelle misure vengano osservate e che quegli strumenti vengano utilizzati.

Gli ermellini hanno escluso che la condotta del lavoratore fosse rilevante perché non è stata tale da interrompere il nesso di causalità, in quanto ritenuta non eccentrica rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare.

Il fatto

Un operaio addetto alla macchina Ramehouse, consistente in impianto di asciugatura del tessuto, mentre era all’opera, dopo essersi accorto che alcuni filamenti di tessuto rallentavano la velocità della macchina perché avvolti sul rullo del “raddrizzatrama”, apriva lo sportello della macchina per tirare fuori i filamenti e il suo braccio destro rimaneva incastrato tra i cilindri dell’impianto, riportando così gravi lesioni personali.

Il lavoratore presentava ricorso nei confronti del direttore tecnico dell’azienda per lesione colposa, per aver omesso di proteggere,

segregare o dotare di dispositivi di sicurezza, gli addetti alle macchine, in violazione dell’art. 68 del d.p.r. 547/1956.

In primo grado, il giudice escludeva la responsabilità del datore per l’insussistenza del nesso di causalità tra la violazione antinfortunistica e l’evento lesivo, in quanto riteneva non imputabile al direttore tecnico né l’apertura volontaria delle porte di segregazione da parte del lavoratore, né l’intervento del lavoratore sull’impianto di Ramehouse, il quale avrebbe dovuto fermarlo.

In secondo grado, la Corte d’Appello di Milano, riteneva, invece, che la responsabilità fosse da attribuire al direttore tecnico dell’azienda, in quanto non aveva dotato la macchina di dispositivi di sicurezza tali da bloccare il movimento in caso di apertura degli sportelli.

Ad avvalorare questa tesi il fatto che, successivamente all’infortunio, gli sportelli della macchina erano stati chiusi con bulloni fissi per impedirne l’apertura ed era stato installato un dispositivo di blocco.

Per questo motivo, il direttore tecnico decideva di proporre ricorso in Cassazione, lamentando che i giudici della Corte non avessero tenuto conto della condotta del lavoratore, il quale aveva violato le regole di sicurezza.

La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione Penale ha ritenuto infondato il ricorso del direttore tecnico dell’azienda, presso cui lavorava il lavoratore colpito da infortunio.

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giurisprudenzaGli ermellini, per giungere alla decisione, hanno esaminato i principi concernenti il debito di sicurezza del datore di lavoro e la condotta abnorme del lavoratore.

Per quel che riguarda il primo principio, hanno ritenuto che la condotta colposa del lavoratore non producesse di per sé l’evento, in virtù del fatto che andasse ricondotta all’area di rischio della lavorazione svolta, sulla base del principio dell’equivalenza delle condizioni (art. 41 c.p., comma 2).

Perciò l’evento dannoso è stato imputato al datore di lavoro per la posizione di garanzia di cui egli è onerato per legge.

In dottrina, è stato ampliato lo spettro delle finalità cautelari delle norme infortunistiche per coprire non solo i rischi discendenti dai processi di produzione, ma anche i comportamenti colposi dei lavoratori.

Per imputare l’addebito al datore di lavoro, è necessario che l’evento e il rischio siano prevedibili, escludendo così la condotta del lavoratore infortunato, che viene considerata come causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento (ex art. 41 c.p., comma 2).

Da notare che il datore di lavoro deve prevedere i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, come disposto dal D.Lgs. 81/2008, che all’art. 17 prevede la valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore con l’elaborazione del documento di sicurezza previsto all’art. 28.

Se le norme cautelari non sono osservate, il datore incorre in violazione con la configurazione di colpa specifica.

Pertanto, ciò che deve fare è attivarsi per organizzare l’attività lavorativa in modo sicuro, assicurando l’adozione da parte dei dipendenti di misure tecniche e organizzative in modo da ridurre al minimo i rischi connessi all’attività lavorativa, nel rispetto dell’osservanza da parte del lavoratore della normativa di prevenzione.

Il datore, quindi, per la sua posizione di garanzia non deve solo approntare i mezzi occorrenti all’attuazione delle misure di sicurezza e disporre che vengano usati, ma deve accertarsi che quelle misure vengano osservate e che quegli strumenti vengano utilizzati (Sezione 4, 10 febbraio 2005, n. 13251).

Sulla condotta abnorme del lavoratore

Per quanto concerne la condotta abnorme del lavoratore, la Corte ha escluso la presenza delle caratteristiche dell’abnormità del suo

comportamento in quanto, anche se imprudente, era connesso all’attività lavorativa, e pertanto, non imprevedibile (Sezione 4, 16 febbraio 2012, n. 10712, Mastropietro).

Difatti, per costante giurisprudenza, il carattere dell’abnormità può essere attribuito sia alla condotta tenuta in un ambito estraneo alle mansioni affidate al lavoratore e al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro, sia a quella che pur rientrando nelle mansioni proprie del lavoratore sia consistita in qualcosa di radicalmente lontano dalle ipotizzabili, prevedibili, e imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro (Sezione 4, 3 giugno 2004, Giustiniani; Sezione 4, 27 novembre 1996, Maestrini).

Ciò che bisogna tenere in considerazione, quindi, è la condotta del lavoratore.

La condotta del lavoratore, interrompe il nesso di causalità quando si collochi al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento è “interruttivo” non perché eccezionale ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (v. Sezione 4, 23 novembre 2012, n. 49821, Lovison ed altro).

L’ipotesi tipica di comportamento abnorme è quella del lavoratore che provochi l’infortunio ponendo in essere, colposamente, un’attività del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite, realizzando in tal modo un comportamento esorbitante rispetto al lavoro che gli è proprio, assolutamente imprevedibile ed evitabile per il datore di lavoro (21 ottobre 2008, n. 40821, Petrillo; 16 febbraio 2012, n. 10712, Mastropietro).

Nel caso in esame...

La Corte di Cassazione, per il caso in esame, ha ritenuto che il direttore tecnico fosse responsabile dell’accaduto proprio in virtù delle appena richiamate interpretazioni giurisprudenziali, ed anche, per la considerazione che nella sentenza di secondo grado erano state individuate le norme cautelari violate da parte del datore di lavoro, ed era stato escluso lo svolgimento di un’attività stravagante del lavoratore rispetto alle proprie specifiche mansioni, tale da rilevare come causa interruttiva del nesso eziologico.

Per i giudici dell’appello, gli sportelli dovevano essere chiusi e la macchina doveva possedere i dispositivi di sicurezza che bloccassero il movimento in caso di apertura degli sportelli.

E’ per queste ragioni che la Corte di Cassazione Penale ha rigettato il ricorso del direttore tecnico dell’azienda, confermando così la decisione assunta in secondo grado.

ambiente

Pubblicata la Legge sugli Eco-reati

Sulla Gazzetta Ufficiale n.122 del 28-5-2015 è stata pubblicata la Legge 22 maggio 2015, n. 68 “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente” in materia di ecoreati.

Tra le principali novità introdotte dal provvedimento si segnalano:

- l’introduzione di un nuovo e autonomo Titolo del codice penale (il VI-bis), dedicato ai delitti contro l’ambiente;

- l’introduzione di una specifica disciplina per l’estinzione degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale;

- l’inasprimento delle sanzioni previste per alcuni illeciti contenuti nella Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via d’estinzione.

Il nuovo Titolo del codice penale prevede 6 nuove fattispecie di reati contro l’ambiente:

Inquinamento ambientale

Reclusione da 2 a 6 anni e multa da 10.000 a 100.000 euro per chiunque cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:

- delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;

- di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.

La pena sarà ridotta da un terzo a due terzi in caso di delitto colposo.

Morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale

Reclusione da 2 anni e 6 mesi a 7 anni se dall’inquinamento ambientale derivi una lesione personale.

Reclusione da 3 a 8 anni in caso di una lesione grave.

Reclusione da 4 a 9 anni in caso di una lesione gravissima.

Reclusione da 5 a 12 anni in caso di morte della persona.

In caso di eventi lesivi plurimi e a carico di più persone si infligge la pena prevista per il reato più grave aumentata fino al triplo.

Disastro ambientale

Reclusione da 5 a 15 anni per chiunque cagiona:

- un’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;

- un’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;

- un’offesa alla pubblica incolumità.

Il delitto si considera aggravato se commesso in un’area protetta o sottoposta a vincolo o in danno di specie animali o vegetali protette.

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La pena sarà ridotta da un terzo a due terzi in caso di delitto colposo.

Traffico di materiali ad alta radioattività

Reclusione da 2 a 6 anni e multa da 10.000 a 50.000 euro per chiunque “cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa illegittimamente di materiale ad alta radioattività”.

Il delitto si considera aggravato nel caso in cui ne derivi un inquinamento o un disastro ambientale. La pena è aumentata fino alla metà.

Impedimento del controllo

Reclusione da 6 mesi a 3 anni per chiunque impedisce, ostacola o elude l’attività di vigilanza e controllo ambientale e di sicurezza

Omessa bonifica

Reclusione da 1 a 4 anni e multa da 20.000 a 80.000 euro nel caso di inadempienza all’obbligo di bonifica, ripristino o recupero dello stato dei luoghi

La legge in esame introduce anche la disciplina del cosiddetto “ravvedimento operoso”, prevedendo che chiunque si adoperi concretamente per evitare ulteriori conseguenze derivanti dall’attività illecita, provvedendo alla messa in sicurezza e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi, potrà beneficiare di una riduzione della pena dalla metà a due terzi. Nel caso in cui si aiuti concretamente l’autorità giudiziaria per la ricostruzione dell’illecito si applicherà una diminuzione della pena da un terzo alla metà.

Infine, è importante segnalare che in caso di condanna o patteggiamento per la commissione di uno dei nuovi reati ambientali il giudice dovrà sempre ordinare la confisca dei beni coinvolti nel reato ed il ripristino dello stato dei luoghi.

ambiente

Relazione di Riferimento di impianti in AIA: pochi mesi per la verifica di sussistenza dell’obbligo

È stato pubblicato nel mese di 7 gennaio 2015 il comunicato del Ministero dell’Ambiente relativo alle modalità per la redazione della Relazione di Riferimento (RdR), previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

In questo articolo riassumiamo le principali scadenze indicate nel D.M. 272/2014 e riferite alle installazioni sottoposte ad AIA di competenza statale, facendo anche presente che tali termini sono stati già adottati da alcune Regioni per le installazioni AIA di propria competenza. Si pone inoltre l’accento sulla scadenza per la presentazione della verifica di sussistenza dell’obbligo di presentazione della RdR, prevista tra pochi mesi.

La Relazione di Riferimento, che è stata introdotta dal D.Lgs. 46/2014 (entrato in vigore l’11 Aprile 2014 recependo la Direttiva 2010/75/UE “Industrial Emission Directive – IED”), definisce lo stato di qualità di suolo e sottosuolo ed è parte integrante dell’Autorizzazione Integrata Ambientale.

Il D.M. 272/2014 decreta l’obbligo, per i gestori degli impianti soggetti ad AIA di competenza statale (elencati nell’Allegato XII, parte seconda, D.Lgs. 152/2006), di presentare la Relazione di Riferimento all’autorità competente entro 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto in oggetto, quindi entro il 7 gennaio 2016.

L’unica eccezione, tra le tipologie d’installazione sottoposte ad AIA in sede statale, è rappresentata dagli impianti costituiti esclusivamente da centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW alimentati esclusivamente a gas naturale. Per questa tipologia di installazioni è prevista una verifica della sussistenza dell’obbligo di presentazione della Relazione di Riferimento da eseguirsi secondo la procedura descritta nell’Allegato 1 del Decreto Ministeriale in questione, che dovrà essere completata entro tre mesi dall’entrata in vigore del decreto stesso (quindi entro il 7 aprile 2015).

Anche per quanto riguarda le installazioni sottoposte ad AIA in sede regionale, ed elencate nell’Allegato VIII alla parte seconda del D.Lgs. 152/2006, è prevista l’esecuzione della procedura di cui all’Allegato 1 del D.M. 272/2014 per verificare la sussistenza dell’obbligo di presentazione della relazione di riferimento. In questo caso il decreto non stabilisce però i termini entro i quali tale attività dovrà essere eseguita, demandando di fatto la definizione delle scadenze alle singole Regioni.

In attesa di notizie ufficiali, dalle indicazioni ricevute presso vari uffici regionali, emerge una chiara volontà da parte delle Regioni interpellate di definire un calendario per gli impianti sottoposti ad AIA regionale che sia in linea con quanto già definito dal D.M. in questione (3 mesi per la verifica e 12 mesi per la Relazione di Riferimento).categoria 5”.

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Ministero dell’Ambiente: circolare su iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali di imprese che trasportano rifiuti assimilati ai rifiuti urbani

Al Comitato Nazionale dell’Albo Gestori Ambientali è stato richiesto di chiarire se l’impresa che intende trasportare ai centri raccolta disciplinati dal D.M. 8 aprile 2008 i rifiuti speciali prodotti dalla propria attività sia sottoposta all’iscrizione all’Albo ai sensi dell’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, anche qualora i rifiuti stessi siano stati assimilati ai rifiuti urbani.

In proposito il Comitato nazionale ha osservato che l’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non opera alcuna distinzione tra rifiuti speciali e i rifiuti speciali assimilati ai rifiuti urbani e non prevede deroghe all’obbligo di iscrizione all’Albo per il trasporto di questi ultimi effettuato dal produttore iniziale.

Pertanto, l’impresa che intende trasportare ai centri raccolta disciplinati dal D.M. 8 aprile 2008 i rifiuti speciali assimilati ai rifiuti urbani prodotti dalla propria attività ha l’obbligo d’iscrizione nella categoria 2-bis di cui al D.M. 120/2014.

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ambiente

Reflui industriali, l’autorizzazione è personale

L’autorizzazione allo scarico di reflui è legata a requisiti del singolo individuo, pertanto in caso di cessione di attività, essa non si trasferisce automaticamente dal cedente al cessionario.

La Corte di Cassazione con sentenza del 01/07/2015 n.27552 osserva come è equiparato allo scarico di acque reflue industriali anche quello proveniente da un esercizio commerciale (nella fattispecie un bar) imponendo quindi al titolare un obbligo di autorizzazione allo scarico ai sensi dell’articolo 124 del codice ambientale.

In caso di cessione dell’attività non vige alcun automatismo nella trasmissione delle autorizzazione allo scarico di reflui, essendo questa legata a requisiti morali, professionali e tecnici personali.

Autorizzazione unica ambientale, ecco il modello

Con il decreto del Presidenza del consiglio dei ministri dell’8 maggio 2015 è stato adottato il modello semplificato e unificato per la richiesta di autorizzazione unica ambientale – AUA.

Le regioni, entro il 30 giugno scorso, devono aver adeguato i contenuti del modello adottato con il nuovo decreto, in relazione alle normative regionali di settore.

“Corpo” del provvedimento è l’Allegato nel quale è riportata l’istanza di autorizzazione unica ambientale – AUA, con le relative documentazioni da presentare relativamente a acque, emissioni in atmosfera, rumore,rifiuti pericolosi e non pericolosi.

Classificazione rifiuti ecotossici, le novità dal 15/08/2015

La caratterizzazione della pericolosità HP 14 “Ecotossico” va attribuita secondo le modalità della legge 06/08/2015 n.125, introdotta per favorire la idonea classificazione dei rifiuti e la corretta gestione dei Centri di raccolta comunali. A tal fine la caratteristica Ecotossico deve essere attribuita secondo le modalità dell’accordo europeo per il trasporto delle merci pericolose ADR per la classe 9 _M6 e M7.

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i nostri corsi

Secondo semestre 2015

CORSO DURATA AULA BERGAMO AULA LECCO COSTO

Legislazione ambientale, autorizzazione unica ambientale (AUA) 4 ore 27 ottobre 14-18 7 ottobre 9-13 140 €

La gestione dei rifiuti e il SISTRI 4 ore 30 settembre 14-18 9 settembre 9-13 140 €

Corso ADR: introduzione alla normativa sulle merci pericolose 4 ore 11 settembre 9-13 27 novembre 9-13 140 €

Datori di Lavoro - RSPP - rischio BASSO 16 ore 6 e 12 ottobre 9-18+ ESAME

8 e 10 settembre 9-18+ ESAME 440 €

Datori di Lavoro - RSPP - rischio MEDIO 32 ore 6, 12, 14 e 19 ottobre 9-18+ ESAME

8, 10, 14 e 16 settembre 9-18

+ ESAME750 €

Datori di Lavoro - RSPP - rischio ALTO 48 ore6, 12, 14, 19, 21 e 26 ottobre

9-18+ ESAME

8, 10, 14, 16, 21 e 23 settembre 9-18

+ ESAME1.000 €

Addetti antincendio in attività a rischio BASSO 4 ore

1°edizione 10 settembre 9-13

2° edizione6 novembre 9-13

1°edizione8 ottobre 9-13

2°edizione26 novembre 9-13

198 €

Addetti antincendio in attività a rischio MEDIO 8 ore

1°edizione 10 settembre 9-18

2° edizione6 novembre 9-18

pratica presso sede esterna

1°edizione8 ottobre 9-18

2°edizione26 novembre 9-18

330 €

Conducente di carrelli elevatori 12 ore9 ottobre 9-18

e 15 ottobre 9-13pratica presso sede esterna

19 novembre 9-18e 20 novembre 9-13

pratica presso sede esterna280 €

Addetti al primo soccorso aziendale - Gruppo A 16 ore

1°edizione 16 e 23 settembre 9-18

2° edizione12 e 19 novembre 9-18

1°edizione6 e 13 ottobre 9-18

2°edizione3 e 10 dicembre 9-18

300 €

Addetti al primo soccorso aziendale - Gruppo B e C 12 ore

1°edizione 16 settembre 9-18

e 23 settembre 9-132° edizione

12 novembre 9-18e 19 novembre 9-13

1°edizione6 ottobre 9-18

e 13 ottobre 9-132°edizione

3 dicembre 9-18e 10 dicembre 9-13

250 €

Aggiornamento addetti al Primo Soccorso aziendale Gruppo B e C 4 ore

1°edizione 23 settembre 9-13

2° edizione19 novembre 9-13

1°edizione13 ottobre 9-13

2°edizione10 dicembre 9-13

110 €

Aggiornamento addetti al Primo Soccorso aziendale Gruppo A 6 ore

1°edizione 23 settembre 9-13 e 14-16

2° edizione19 novembre 9-13 e 14-16

1°edizione13 ottobre 9-13 e 14-16

2°edizione10 dicembre 9-13 e 14-16

150 €

RSPP - Mod. A 28 ore6, 12, 14 ottobre 9-18

e 19 ottobre 9-13+ ESAME

8, 10, 14 settembre 9-18e 16 settembre 9-13

+ ESAME550 €

RSPP - Mod. B - Macro-settore Ateco 4 48 ore11, 16, 18, 25, 27 novembre

e 3 dicembre 9-18+ ESAME

19, 20, 23, 28, 29 ottobre e 4 novembre 9-18

+ ESAME1.100 €

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i nostri corsi

Secondo semestre 2015

CORSO DURATA INIZIO a BERGAMO INIZIO a LECCO COSTO

RSPP - Mod. B - Macro-settore Ateco 5 68 ore

11, 16, 18, 23, 25, 27 novembre

1, 3 dicembre 9-18e 15 dicembre 14-18

+ ESAME

19, 20, 23, 27, 28, 29 ottobre

3,4 novembre 9-18e 12 novembre 14-18

+ ESAME

1.650 €

RSPP - Mod. B - Macro-settore Ateco 3 60 ore

11, 16, 18, 25, 27 novembre3, 9 dicembre 9-18e 15 dicembre 9-13

+ ESAME

19, 20, 23, 28, 29 ottobre4-5 novembre 9-18e 12 novembre 9-13

+ ESAME

1.540 €

RSPP - Mod. B - Macro-settore Ateco 9 12 ore27 novembre 9-18

e 30 novembre 9-13+ ESAME

29 ottobre 9-18e 30 ottobre 9-13

+ ESAME330 €

RSPP - Mod. B - Macro-settore Ateco 7 60 ore

11, 16, 18, 25, 27 novembre3, 11 dicembre 9-18e 16 dicembre 9-13

+ ESAME

19, 20, 23, 28, 29 ottobre4-11 novembre 9-18e 17 novembre 9-13

+ ESAME

1.540 €

RSPP - Mod. B - Macro-settore Ateco 6 24 ore

11 novembre 9-1816 novembre 9-1318 novembre 9-13

e 27 novembre 9-18+ ESAME

19 ottobre 9-1820, 23 ottobre 9-13e 29 ottobre 9-18

+ ESAME

550 €

RSPP - Mod. B - Macro-settore Ateco 8 24 ore

11 novembre 9-1816, 18 novembre 9-13e 27 novembre 9-18

+ ESAME

19 ottobre 9-1820, 23 ottobre 9-13e 29 ottobre 9-18

+ ESAME

550 €

RSPP - Mod. C 24 ore 28 ottobree 3, 5 novembre 9-18

24, 29 settembree 1 ottobre 9-18 550 €

Agg. RSPP / RLS: Introduzione ai Regolamenti della UE “REACH” e CLP/GHS” 4 ore 29 settembre 9-13 - 140 €

Agg. RSPP / RLS: Introduzione al BS OHSAS 18001:2007 8 ore 10 novembre 9-18 - 280 €

Corso per Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) 32 ore 1, 8, 16, 22 ottobre 9-18

25 novembree 2, 9, 16 dicembre

9-18660 €

Agg. RSPP / RLS: Gestione delle emergenze 4 ore - 15 ottobre 9-13 140 €

Agg. RSPP / RLS: Incidenti, infortuni 4 ore - 23 novembre 9-13 140 €

Agg.RSPP: Corso di qualificazione per Formatori 24 ore - 15, 22 e 30 settembre 9-18 950 €

Agg. RSPP / RLS: la valutazione dello stress lavoro correlato 8 ore - 17 dicembre 9-18 280 €

Agg. RLS: Il ruolo dell’RLS nella comunicazione alla sicurezza 8 ore 10 dicembre 9-18 - 280 €

Corso per preposti 8 ore 9 settembre 9-18 18 novembre 9-18 240 €

Corso per dirigenti 16 ore 7 e 14 settembre 9-18 2 e 9 novembre 9-18 440 €

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I corsi di Bergamo si svolgeranno presso la sede di via Baertsch 4. I corsi di Lecco presso l’aula di Corso Matteotti, 5/h.Ricordiamo che vengono erogati corsi anche in modalità e-learning (FAD). Tutti i prezzi indicati si intendono IVA esclusa.

Per ulteriori informazioni e per i calendari completi di tutte le giornate visitate il nostro sito www.studioares.net.

CORSO DURATA INIZIO a BERGAMO INIZIO a LECCO COSTO

Corso di formazione generale per lavoratori 4 ore

1°edizione 18 settembre 9-13

2° edizione2 novembre 9-13

1°edizione5 ottobre 9-13

2°edizione24 novembre 9-13

120 €

Corso di Formazione Specifica per Lavoratori rischio BASSO 4 ore

1°edizione 18 settembre 14-18

2° edizione2 novembre 14-18

1°edizione5 ottobre 14-18

2°edizione24 novembre 14-18

120 €

Corso di Formazione Specifica per Lavoratori rischio MEDIO 8 ore

1°edizione 18 settembre 14-18e 24 settembre 9-13

2° edizione2 novembre 14-18e 9 novembre 9-13

1°edizione5 ottobre 14-18

e 12 ottobre 9.132°edizione

24 novembre 14-18e 1 dicembre 9-13

240 €

Corso di Formazione Specifica per Lavoratori rischio ALTO 12 ore

1°edizione 18 settembre 14-18e 24 settembre 9-18

2° edizione2 novembre 14-18e 9 novembre 9-18

1°edizione5 ottobre 14-18

e 12 ottobre 9.182°edizione

24 novembre 14-18e 1 dicembre 9-18

300 €

Corso sulla Norma CEI 11-27 “ Lavori su impianti elettrici “ 16 ore 13 e 20 novembre 9-18 18 e 25 settembre 9-18 400 €

i nostri corsi

Secondo semestre 2015

Fra i primi in Italia a progettare e realizzare sistemi di gestione integrata, contribuiamo allo sviluppo sostenibile e al miglioramento delle condizioni di lavoro, supportando aziende ed enti pubblici nella gestione ed integrazione dei

sistemi qualità, ambiente e sicurezza sul lavoro. Il nostro approccio nasce dall’esperienza pluriennale di

professionisti del settore.Un risultato garantito dalla certificazione della nostra

società in accordo con la norma ISO 9001.

SEDE DI LECCOvia palestro 16 23900

tel. 0341 283999 fax:0341 272359 e-mail [email protected]

SEDE DI BERGAMOvia baertsch 4 24124 bergamo

tel. 035 363319e-mail [email protected]

www.studioares.net