Svevo e pirandello

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Il, Autori La formazione culturale e la poetica Svevo, come Pirandello, ebbe la fortuna di acquisire una formazione culturale di respiro europeo, sostanziata di interessi filo- sofici oltre che letterari: ad essa si deve probabilmente in parte la complessità ideologica e l'originalità della sua opera. Il mondo come volontà e rappresentazione (il capolavoro del filosofo tedesco Arthur Scho- penhauer, pubblicato nel 1819) colpì Svevo per alcune delle tesi che sosteneva. Secondo Schopenhauer il nostro agire e i nostri desideri sono assurdi e insensati: non siamo noi infatti a volere, ma vuole in noi, durante la nostra illusoria esistenza, quella cieca volontà irrazio- nale, assolutamente senza scopo, «che anima l'universo in ogni sua fibra». La volontà di vivere si manifesta dunque nei singoli individui, in maniera più o meno intensa, a seconda che essi appartengano alla categoria dei lottatori o a quella dei contemplatori: questa contrapposizione verrà ripresa da Svevo nella caratterizzazione dei suoi personaggi romanzeschi. Svevo mutua da Charles Darwin la concezione della lotta per la vita (struggle for life ) che è alla base della selezione naturale e degli spietati condizionamenti ambientali da cui dipende la sopravvivenza di ogni singolo individuo. Svevo estende questa teoria dalla sfera biologica alla sfera della società organizzata (darwinismo sociale), seguendo una tendenza diffusa già nella letteratura naturalistica e verista. Dall'analisi marxiana del capitalismo e dei meccanismi economici che ne sono alla base, Svevo deriva la condanna della civiltà industriale, con tutte le sue «malattie» (l'alienazione) e i suoi «ordigni» (le macchine). In Marx il termine alienazione ha soprattutto un valore economico (è la parte di ricchezza che il datore di lavoro sottrae al lavoratore); in Svevo il termine acquista un valore soprattutto psicologico (l'alienazione è la condizione di chi non può inserirsi felicemente nella società perché se ne sente escluso). La psicoanalisi, che Freud elaborò nel primo quindicennio circa del Novecento, era una teoria ben nota a Trieste, in particolare negli ambienti ebraici (sia Freud che Svevo erano infatti ebrei). Svevo fa riferimento, nei suoi romanzi, soprattutto alla Psicopatologia della vita quotidiana (1901), un'opera dedicata ai lapsus, agli atti mancati, alle gaffes ecc. Svevo conosceva peraltro anche le teorie psicologiche di alcuni avversari di Freud, come Jean-Martin Charcot (1825-1893), e le richiama nei suoi romanzi. L'inetto: "contemplativo" e "vini©" insieme protagonisti dei romanzi di Svevo sono collettivamente indicati con il termine «inetti». In termini schopenhaueriani, si Dotrebbero definire dei contemplativi, in contrapposizione ai personaggi «attivi»; mentre però Schopenhauer considerava : contemplativi esseri «superiori», in quanto più liberi dai condizionamenti della volontà di vivere cieca, irrazionale e in- sensata, gli inetti di Svevo soggiacciono passivamente ai condizionamenti ambientali e alle pulsioni dell'inconscio, che li privano della loro libertà di scelta, e sono quindi personaggi «perdenti». Gli inetti di Svevo non vanno però confusi con i «vinti» di Verga: i personaggi dello scrittore siciliano non sono infatti dei contemplativi, ma dei lottatori (pensiamo soprattutto a'Ntoni, a Gesualdo, a Mazzarò): essi affrontano la lotta per la vita con slancio e determinazione, ma sono sconfitti sul piano esistenziale, perché sacrificano al mito del benessere materiale : valori etici e familiari. Gli inetti di Svevo hanno un atteggiamento passivo nei confronti della vita, tendono a rinunciare alla lotta per l'esistenza, -na non sono animati da alcuno spirito mistico: essi simboleggiano piuttosto la malattia della moderna società industria- e, anzi (conclude Svevo) della vita stessa, che è malata in sé, sempre e comunque. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

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Il, Autori

La form azione culturale e la poeticaSvevo, com e Pirandello, ebbe la fortuna di acquisire una form azione culturale di respiro europeo, sostanziata di interessi filo­sofici oltre che letterari: ad essa si deve probabilm ente in parte la com plessità ideologica e l'originalità della sua opera.

I l mondo come volontà e rappresentazione (il capolavoro del filosofo tedesco Arthur Scho ­penhauer, pubblicato nel 1819) colpì Svevo per alcune delle tesi che sosteneva.Secondo Schopenhauer il nostro agire e i nostri desideri so n o assurdi e insensati: non siam o noi infatti a volere, ma vuole in noi, durante la nostra illusoria esistenza, quella cieca volontà irrazio­nale, assolutam ente senza scopo, «che anim a l'un iverso in ogni sua fibra». La volontà di vivere si manifesta dunque nei singoli individui, in maniera più o m eno intensa, a seconda che essi appartengano alla categoria dei lottatori o a quella dei contemplatori: questa contrapposizione verrà ripresa da Svevo nella caratterizzazione dei suoi personaggi romanzeschi.

Svevo m utua da Charles Darw in la concezione della lotta per la vita (struggle for life ) che è alla base della selezione naturale e degli spietati condizionam enti ambientali da cui d ipende la sopravvivenza di ogni s ingo lo individuo. Svevo estende questa teoria dalla sfera biologica alla sfera della società organizzata (darw in ism o sociale), seguendo una tendenza diffusa già nella letteratura naturalistica e verista.

Dall'analisi marxiana del capitalismo e dei m eccanism i econom ici che ne sono alla base, Svevo deriva la condanna della civiltà industriale, con tutte le sue «malattie» (l'a lienazione) e i suoi «ordigni» (le macchine). In Marx il term ine alienazione ha soprattutto un valore econom ico (è la parte di ricchezza che il datore di lavoro sottrae al lavoratore); in Svevo il term ine acquista un valore soprattutto psicologico (l'a lienazione è la condizione di chi non può inserirsi felicemente nella società perché se ne sente escluso).

La psicoanalisi, che Freud elaborò nel prim o quind icennio circa del Novecento, era una teoria ben nota a Trieste, in particolare negli ambienti ebraici (sia Freud che Svevo erano infatti ebrei). Svevo fa riferimento, nei suoi romanzi, soprattutto alla Psicopatologia della vita quotidiana (1901), un 'opera dedicata ai lapsus, agli atti mancati, alle gaffes ecc. Svevo conosceva peraltro anche le teorie psicologiche di alcuni avversari di Freud, com e Jean-Martin Charcot (1825-1893), e le richiama nei suo i romanzi.

L'inetto: "contemplativo" e "vini©" insiemeprotagonisti dei romanzi di Svevo sono collettivamente indicati con il term ine «inetti». In termini schopenhauerian i, si

Dotrebbero definire dei contemplativi, in contrapposizione ai personaggi «attivi»; mentre però Schopenhauer considerava : contemplativi esseri «superiori», in quanto più liberi dai condizionam enti della volontà di vivere cieca, irrazionale e in­sensata, gli inetti di Svevo soggiacciono passivam ente ai condizionam enti ambientali e alle pulsioni dell'inconscio, che li privano della loro libertà di scelta, e sono quindi personaggi «perdenti».Gli inetti di Svevo non vanno però confusi con i «vinti» di Verga: i personaggi dello scrittore siciliano non sono infatti dei contemplativi, ma dei lottatori (pensiam o soprattutto a 'Ntoni, a Gesualdo, a Mazzarò): essi affrontano la lotta per la vita con slancio e determ inazione, ma sono sconfitti sul p iano esistenziale, perché sacrificano al m ito del benessere materiale : valori etici e familiari.Gli inetti di Svevo hanno un atteggiamento passivo nei confronti della vita, tendono a rinunciare alla lotta per l'esistenza, -na non sono animati da alcuno spirito mistico: essi sim bolegg iano piuttosto la malattia della m oderna società industria- e, anzi (conclude Svevo) della vita stessa, che è malata in sé, sem pre e com unque.

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4 - TUA OTTOCENTO E NOVECENTO

Una vita (1892)

N el P r'm ° romanzo com Paiono già in nuce i motivi centrali dell'opera sveviana: il sen so della sconfitta e del fallirne dell individuo, nei suo i am b igu i rapporti con una società intim am ente corrotta e svuotata d 'ideali, una società che lo prim e e di cui pure fa parte: nella quale quind i svolge ad un tem po il ruolo di vittima e di oppressore. Duplice ruolo, inI u o m o finisce con lo smarrire ogni residua coerenza e fermezza morale, per trasform arsi in «un inetto» (e Un inetto ere titolo originario del rom anzo), portato a rifugiarsi nel so gn o piuttosto che ad affrontare la responsabilità delle scelte che vita im pone.

La trama

A lfon so Nitti, o rfano d i un m ed ico condotto di paese, è accolto com e im piegato n Banca M ailer di Trieste; in realtà cova sogn i di gloria letteraria e di conqu iste femminili, però non tenta neppure di realizzare.

Introdotto nel ricco am biente d i casa Mailer, vi cono sce Annetta, la figlia del banchiere; vita lu ssuo sa di quella casa, si contrappone il «m enage» um ilissim o della fam iglia Lanu

pre sso cui A lfon so ha trovato a llogg io e sulla quale esercita di volta in volta un su o ruolo sprezzante despota o di m agna n im o benefattore, q ua s i a rivalsa delle um iliazioni che q tid ianam ente sub isce - o crede di sub ire - in ufficio. D o p o u n o snervante corteggiam ent A lfon so riesce fina lm ente a com p iere l'un ico gesto d ec iso della sua vita, sed ucen d o la

cua e o rgog lio sa Annetta. La ragazza è d isposta a sposarlo, m a il m atrim on io segnereb per A lfon so l'add io alle sterili fantasticherie, ai sogn i lungam ente accarezzati in so litu d r C on la scu sa d i una malattia della m adre (che poi, per un destino paradossale, muo. davvero) A lfon so fugge al paese. M e n te n d o a se stesso, crede ad una m otivazione n o 1 del su o gesto: «N on così avrebbe voluto la ricchezza!»

Tornato in città, l'accoglienza non è però quella, com m ossa , che si sarebbe atteso per su o lutto: trattato con d isprezzo in banca, è sfidato a due llo dal fratello di Annetta, cL nel frattem po si è fidanzata col cug ino Macario. A questo punto il su ic id io si presenta - A lfon so com e l'un ica via di uscita per rim anere fedele al su o sogno, a ll 'im m ag ine di s; che egli si è costruita: negativa ed estrem a form a di coerenza del «contem platore» scon­fitto. Una laconica lettera della banca darà l 'a nn un c io ad un am ico di A lfonso della morte dell'im piegato.

I temi:la prim a fase della crisi borghese

In questo rom anzo Svevo coglie un aspetto della crisi della società borghese: l'individuo, pur sentendosi disancorato da una realtà che non riesce più a capi­re e a dom inare, isolato in una società che sente nemica, conserva tuttavia la fede nel proprio «io», che egli, con una superstite capacità d 'illusione, esalta e trasfigura secondo un m odello ideale.

Si tratta però, per l'appunto, di una illu sio n e : A lfon so si crede vittima della società, ma non si accorge di adottarne lui ste sso i m ode lli di com porta­m ento (e sem plare a questo p roposito il duplice com portam ento di A lfonso rem issivo se non servile ne ll'am b iente di lavoro, più o m e no benevolm ente autoritario in casa Lanucci); e non cap isce che la propria fede in se ste sso è illusoria, com e illusori so n o i suo i p seudo-idea li (di onorabilità, di dignità, di elevatezza spirituale): vuoti fantasm i, «sogni» che lo a iutano a morire, non a vivere.

Il romanzo, pur attraverso m odi narrativi di tipo verista, inaugura una nuova form a di realismo: un realism o volto cioè ad analizzare la società dal di dentro, nella crisi di valori da cui è travagliata, attraverso la coscienza del personag­gio che tale società rappresenta: le perplessità di Alfonso, lo sgretolarsi della sua coscienza, il vano inseguire simulacri di ideali, la sconfitta di un romantico m odo di intendere la vita e l'incapacità di costruirsi valori nuovi, erano i mali di una intera società al tramonto.

Anche la città che fa da sfondo a questo com e agli altri rom anzi è colta dal di dentro: è una Trieste che l'autore descrive con amore, nelle sue strade e nei suo i «interni», nella sua vita culturale e nei suo i traffici, ma di cui addita nel contem po le intime forze disgregatrici, l'ingiustizia di un sistem a sociale la cui classe dirigente mostrava, sotto l'atteggiam ento benevolo e protettivo (coerentem ente del resto con la politica degli A sburgo), la dura realtà del paternalism o.

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3. Autori

Senilità (1898)

Com e Una vita, anche questo rom anzo ha per protagonista un im piegato - Emilio Brentani: un altro «inetto», ma più d isincan­tato, perfettamente conscio della sua incapacità di vivere, lucido nell'arch¡tettare i suo i complicati autoinganni.

Em ilio Brentani è un u o m o m od e sto e abitudinario che abita con una sorella, Am alia, grigia e insignificante quanto lui; è am ico di u n o scultore, Balli, che ha invece un carattere com pletam ente d iverso dal su o (in term ini schopen - haueriani si d irebbe un «lottatore») e all'in izio del rom anzo si innam ora di Angiolina, una ragazza povera, di facili costum i, decisa a farsi strada nella vita grazie alla sua bellezza.

Em ilio cono sce nel su o intim o la realtà della vita della sua am ante, m a in un g io co m istificatorio con se stesso, La tram a preferisce im m aginarse la com e una creatura eletta, sub lim e, spirituale, attirandosene così il d isprezzo. D o p o mille

m oine, m ille inganni, mille litigi insensati, Ang io lina ab b and ona Em ilio e fugge in un'altra città con un n uovo am ante; Amalia, logorata da un su o segreto, sterile am ore per il Balli, m uore alcolizzata d o p o u n 'a gon ia atroce. C on la fuga di Ang io lina e con la m orte di Am alia la vita d i Em ilio si richiude su se stessa: si a llon tanano gli ultimi sussu lti di giovinezza, e gli errori, e i pentim enti - sostituiti orm ai definitivam ente dalla «senilità», dalla triste sa g ­gezza di chi «vede grigio e sente grigio».

Nitti e Brentani a confrontoEmerge, pur dalla som m aria ricapitolazione della trama, la povertà di avvenim enti esteriori. A lfonso Nitti si era trovato al centro di vicende che la sua stessa personalità aveva contribuito a rendere in certo qual m odo rom anzesche; com e rom anzesco e velleitariamente wertheriano era stato il suo suicidio. Diversa la squallida esistenza di Em ilio Brentani, labile om bra vagante per le calli della città o entro le fredde m ura di una casa senza gioia, proiettato su grigi sfondi che sem brano partecipare del «male oscuro» dell'anim a (so lo certe aeree, primaverili prospettive dei dintorni di Trieste, sem brano accordarsi alla stupita dolcezza delle fasi incipienti dell'idillio con Angela).Alfonso si era trovato, pur con tutte le sue incertezze, i suo i smarrimenti, le sue «fughe», inserito in una fitta rete di rapporti sociali, in am bienti e situazioni diverse - nel brulichio operoso della banca o nel tepore di un salotto signorile, nella m iseria di un tinello p iccolo-borghese o nella casta povertà di una casa paesana - circondato da una piccola folla di personaggi secondari, coro pettegolo ma talvolta consolatore. La vita di Emilio si svolge m onocorde, tra i poli fissi della casa e dell'ufficio, nell'angusta cerchia di tre soli personaggi: l'amante, l'amico, la sorella (altre due figure femminili, l'am ica del Balli e la signora Elena, hanno significato del tutto marginale).

La rassegnazione all'inettitudineIn Senilità si definisce la figura dell'inetto sveviano, che perde ogni residuo carattere romantico, ogni velleità titanica, ogni sen so agonistico nei confronti della vita. Quest 'u ltim a è ancora vista com e do ­minata da una sua vendicativa logica: ma ora più chiaramente è m essa a nudo la cosciente passività delle sue vittime, il loro colpevole abbandono all'ambiguità del com prom esso (Emilio), o dell'eva-

I tem i: sione (Amalia),

la seconda Questo rom anzo rappresenta infatti il secondo m om ento della crisi: il m om ento in cui l'uomo, ormaifase della crisi com pletam ente disincantato, ha perso anche la fiducia nell'«io», di cui vede e accetta con stanca rasse-

borghese gnazione la labilità e la miseria, il fallimento e la colpa (significativo a questo proposito il motivo dell'a­more, visto com e passione alimentata dalla consapevolezza stessa dell'abiezione dell'essere amato).

Cerebralism o e autocoscienzaLa «coscienza» ha dunque com inciato la sua analisi dissolvente e spietata (e in questo sen so la morte - anche quella atroce di Amalia - a ssum e un su o significato pietosam ente liberatorio); l 'u om o si guarda vivere, con lucidità talvolta dolorosa, talaltra ironica: il risultato è sem pre però l'inaridirsi di ogni più genu ino slancio dell'anim o, di ogni palpito autentico del cuore.Questo «cerebralismo», nel quale giustam ente è stato ravvisato uno degli aspetti più tipici della nar­rativa italiana ed europea del prim o Novecento, è quello che Svevo chiam a senilità - atteggiamento spirituale de ll'u om o del Decadentism o, non m om ento cronologico od esteriore della sua esistenza. Per questo il dram m a, che in Una vita si era configurato com e lotta dell'individuo contro la società, in Senilità è tutto consum ato nell'interiorità del personaggio, trascritto in toni spenti e dimessi.

Il m onologo interioreParallelamente, anche i m odi stilistici e l'im pianto narrativo hanno subito un 'evoluzione. Le inserzioni di gusto veristico, che avevano tanta parte nel precedente rom anzo e che talvolta si g iu stapponevano alle pagine di più attenta indagine psicologica, hanno ceduto in gran parte al m ono logo interiore, per cui l'esasperata analisi diventa autoanalisi anche se non ancora in prima persona.In conclusione il rom anzo si pone com e m om ento centrale della produzione sveviana: mentre svolge infatti coerentemente una meditazione storica e um ana già impostata nella prima opera, anticipa nelle linee fondam entali i contenuti e la struttura del capolavoro: La coscienza di Zeno.

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4 • TRA OTTOCENTO £ NOVECENTO

L'ideologia e la poetica

All'origine della visione del m ondo di Pirandello è quella m edesim a crisi di una filosofia (il Positivism o) e di una società società borghese ottocentesca) che era alle radici della civiltà decadente. Pirandello ne a ssum e coscienza pervenendo estrem e e più paradossali conseguenze. La crisi del Positivism o diventa per lui crisi della ragione um ana (e in tutta la sua o ra Pirandello si sforzerà di dim ostrare la irrazionalità della ragione); la crisi di una società diventa crisi della realtà in assol'

Realtà e apparenza

«Manca affatto alla nostra conoscenza del m ond o e di noi stessi, quel vai obiettivo che com unem ente pensiam o di attribuirle. È una costruzione illusu. continua». Con queste parole nel sagg io L'umorismo (1908) Pirandello avanza­va il dubb io squisitam ente decadente sulla consistenza oggettiva del reale: qui il contrasto tra ciò che appare, e che convenzionalm ente siam o abituati vedere (la «forma») e ciò che è (la «vita»). M a il reale è inattingibile, in qua- la vita è perennem ente mutevole, in fieri, un «flusso» dom inato dal caso, e verità, pertanto, non esiste, se non nell'illusione di ciascuno di noi.

La d isso luzione dell'io

NeH'interno della coscienza, questo relativism o diventa contrasto tra ciò che sem briam o esteriormente, agli occhi degli altri (m a anche di noi stessi, che tend iam o a costruirci del nostro io un 'im m ag ine convenzionale), e la nostre vera, schietta realtà.

Senonché la nostra personalità non è univoca, «non consiste», non ha una re­altà oggettiva; al di sotto della «maschera» in cui ci si cristallizza, l'anim a «si m uove e si fonde» in perenni trasmutazioni.

La critica alle convenzioni socia liApplicato alla società, il contrasto tra vita e form a diventa conflitto tra la natura um ana da una parte e le convenzioni socia li dall'altra (le «forme» che l'uom c si è dato e che hanno finito con l'imprigionarlo, riducendolo alla condizione di marionetta, di «pupo»).

La poetica dell'um orism o

In cam po artistico, il relativismo pirandelliano si traduce nell'umorism o, che non è la com icità fine a se stessa, e neppure la satira acre e sdegnosa, ma la capacità di cogliere criticamente le contraddizioni del reale, integrando rappre­sentazione della realtà quale appare e riflessione su quanto si cela dietro le apparenze. L 'um orism o è quindi il «sentim ento del contrario»; è «erma bifronte che ride per una faccia del pianto della faccia opposta».

Nel m om ento in cui fa conoscere una realtà contraddittoria e drammatica, l'arte si fa specchio per la vita e non, naturalisticamente, «specchio della vita»; diventa arte «vera», e non soltanto «verosimile». Per questa sua funzione, l'um orism o, stilisticamente «scom pone, disordina, discorda»; porta ad opere «disarmoniche (...) inframmezzate da continue digressioni» (ed è questo il carattere, appunto, dello stile pirandelliano).

/ ------------------- ------------------------------------------- -------------------------------------------------------------Comicità e umorismo

Nel sagg io Lumorismo (1908), Pirandello offre la seguente definizione dei termini comicità e um orism o, utile per mettere a fuoco la sua poetica e per interpretare alcune delle sue scelte di narratore:

"Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di qual orribile manteca, e poi tutta goffam ente imbelletta­ta e parata d'abiti giovanili. M i metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa espressione comica. Il com ico è appunto un avvertimento del contrario. M a se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse piacere a pararsi così com e un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché, pieto­samente, s 'inganna che, parata così, nascondendo le rughe e le canizie, riesca a trattenere a sé l'am ore del marito m olto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne com e prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel prim o avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il com ico e l'umoristico".

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Il teatro

Maschere nude è il titolo com plessivo che Pirandello d iede alle sue opere drammaturgiche. La sua produzione teatrale si può suddividere, per chiarezza di esposizione didattica, in quattro grandi fasi:

Pirandello esordisce nel teatro con alcuni «atti unici» di matrice verista, tratti da proprie novelle pubblicate alcuni anni prima (La morsa, Lumìe di Sicilia, 1910; Il dovere del medico, 1911 ; Cecè, 1913).

Il teatro siciliano La sua P roduz'o n e si avvale negli anni della guerra della collaborazione diun grande attore dialettale siciliano, A ngelo M usco, per cui Pirandello realiz­za opere in dialetto: Lumìe di Sicilia (tradotto dall'italiano nel 1915), Pensaci, Giacominu! (1916, Pensaci, Giacomino! nel 1917), 'A birritta cu 7 ciancianeddi (1916, Il berretto a sonagli nel 1918) e così via.

Nel 1917, col dram m a Così è (se vi pare), tratto dalla novella La signora Frola e il signor Ponza, suo genero, lo scrittore dà corpo al suo a ssun to più desolato: la relatività e l'inconoscib ilità del vero. L'am bientazione dell'opera è siciliana, ma il tema e il m odo in cui è trattato segnano l'inizio di una fase nuova, in cui Pirandello ha ormai abbandonato ogni riferimento al verism o e mira a costruire v icende segnate da una forte carica grottesca 'e umoristica, coerentemente con la poetica che è venuto e laborando nelle novelle e nei romanzi.

La tramaNella cittadina della Sicilia dove si so n o stabiliti, c iascuno dei due protagonisti (la signora Frola e il s igno r Ponza), sostiene con argom enti convincentissim i la follia dell'altro. Il s ignor Ponza sostiene infatti che sua moglie, figlia della signora Frola, è morta da alcuni anni, e la povera signora Frola è impazzita per il do lore e si è convinta che la seconda m oglie del Ponza sia sua figlia rediviva; la nuova m oglie si presta a recitare una pietosa com m edia, parlando

Il teatro um oristico-grottesco con la "m ad re " a distanza, per non turbare la sua illusione. La signora Frola

viceversa sostiene che la signora Ponza è effettivamente sua figlia, m a che il s ignor Ponza la tiene segregata per una form a di ge losia che sfiora la follia, e lei si presta al g ioco per quieto vivere e perché il s ignor Ponza, per ogn i altro aspetto, è un u o m o dabbene e un marito esem plare. La società paesana, m alevola e curiosa, non riesce a capire «quale sia il pazzo dei due, quale iÌ fantasma, quale la realtà». Finché sul pa lcoscenico si presenta la Verità, che è sim boleggiata da una donna velata e che peraltro non svelerà il suo m istero (è la figlia della signora Frola o la seconda m oglie del signor Ponza?): «Per me, so n o colei che mi si crede».

Ad una verità precostituita subentra dunque l'idea di una verità inafferrabile nella sua natura poliedrica. Su questo tem a sono incentrate altre opere scritte da Pirandello negli anni del prim o dopoguerra, com e Ma non è una cosa seria (1918 ), Il giuoco delle parti (1918), L'uomo, la bestia e la virtù (1919), La signo­ra Morii, uno e due (1920).

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4 ■ TRA OTTOCENTO E NOVECENTO

Sei personaggi in cerca d'autore (1921 ) è l'opera con cui Pirandello rom pe de vam ente le "rego le " del teatro naturalistico, dando vita a una form a di «metatea (secondo la sua stessa definizione) teatro nel teatro.

Su l palcoscenico di un teatro, dove si sta rappresentando un d ram m a pirande lliano (// giuoco parti) ir rom pono sei p e rsonagg i che, rifiutati da ll'autore che li ha inventati e concepiti nella pr

mente, cercano q ua lcuno che li rappresenti sulla scena - che dia loro, quindi, una «consistenza*10 sb igottim ento degli attori, in un su ssegu irs i di interruzioni e di riprese caotiche, quattro di I Padre, la M adre, il Figlio, la Figliastra) raccontano un torb ido d ram m a di rapporti familiari, che c na con una dopp ia tragedia, legata ai due Personaggi muti: la B am b ina annega in una vasca e il

vinetto si spara. Tuttavia - qui sta il p a rado sso - questi fatti potevano essere, m a non s o n o aw e n u quan to ciascun personagg io vive allo stato fluido: l'autore ha rifiutato di dargli fo rm a perché una

m a» n on rispecchierebbe la vita, e sa rebbe com e am m ettere che o g n u n o è uno, m entre «è ta tanti, se co nd o le possibilità d 'e sse re che so n o in noi: u n o con questo, uno con quello! diversissir

Il teatro nel teatro11 dram m a del rapporto tra vita e form a è così riproposto in m odo che attori e pubu non d istinguano più tra finzione e realtà: calato il sipario, ci si accorge che l'autore sostituito al dram m a la d im ostrazione dell'im possibilità di rappresentarlo.L'esperienza del «teatro nel teatro» è alla base di altri due drammi, Ciascuno a m odo (1924) e Questa sera s i recita a soggetto (1930), in cui risulta scardinata convenzione scenica, e m e sso in d iscussione lo stesso genere teatrale, che è dialogo azione. Le parole sono infatti vuota astrazione, convenzioni che ciascuno intende a me su o («... crediamo di intenderci - dice un personaggio - e non ci intendiam o mai!»); e azioni non servono, in quanto ciascuno dei nostri gesti può essere sottoposto a infin interpretazioni. La trama, priva delle caratteristiche tradizionali, coinvolgeva direttamer il pubblico in un rapporto dialettico con l'autore e con gli attori, e la scena diventava c «un luogo di verifica» delle tesi proposte: il che costituiva una profonda innovazione anzi un vero e proprio scardinam ento della tradizione teatrale ottocentesca.

Negli stessi anni in cui elaborava la trilogia del teatro nel teatro, Pirandello scriveva drarr- m i di im postazione più tradizionale, che continuavano il filone um oristico e grottes precedente. Il più fam oso di essi è senza dubb io Enrico IV (1922).Lo scrittore veniva però e laborando anche idee nuove, in particolare nelle tre opere nuova colonia (1926), Lazzaro (1928 ) e I giganti della montagna (rimasto incom piu

Il teatro dei m iti alla morte dell'autore), opere che Pirandello stesso definì «miti».Si tratta di opere in cui Pirandello recupera in buona m isura le strutture del teatro tra­dizionale, raccontando però delle vicende di carattere allegorico e quasi surreale, e ap­p rodando a una visione più serena (o forse consolatoria) della vita: «Non b isogna pi ragionare (...) le cose che ci stanno attorno parlano (...) Respiriam o aria favolosa. C. angeli p o sso no com e niente parlare in m ezzo a noi».

SurrealeIl term ine "surreale" si è diffuso soprattutto grazie alla fortuna del m ovim ento surrealista (pag. 176), un m ovim ento d'avanguardia, artistico e letterario, nato in Francia negli anni Venti del Novecento. I surrealisti si richiam avano a Freud e alla psicoanalisi e am bivano a rappresentare nelle loro opere la realtà che sta al di sotto della coscienza, quindi i sogni,

gli incubi, i desideri repressi, le paure ecc.Il termine, applicato alle ultime opere del teatro pirandelliano, indica il loro carattere onirico, fantastico, favoloso: si tratta in effetti di leggende, di "visioni", attraverso cui l'autore tenta di proporre agli spettatori un m essagg io positivo e costrut­tivo (non necessariam ente ottimistico), in contrasto con le analisi corrosive delle sue opere più tipiche.

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